Prospero Calzolari: “Massoneria, Francescanesimo, Alchimia”, Edizioni Assisi Mia, 2023, pp. 96 con 32 ill. Euro 20,00.
A distanza di 35 anni dalla prima edizione del 1988 Prospero Calzolari ripropone il suo lavoro “Massoneria, Francescanesimo, Alchimia” in una nuova versione riveduta e ampliata sia nel testo che nel repertorio di immagini, un testo complesso e denso di informazioni ma ben leggibile anche per i non specialisti, in cui l’autore tratteggia quello che fu il Medioevo assisiate al tempo di Francesco, gli attori principali che furono intorno a lui e le molteplici forme in cui si espresse il pensiero della sua epoca, dalla spiritualità alla politica, dall’architettura all’alchimia.
Il titolo può sembrare fuorviante: com’è possibile accomunare il Francescanesimo delle origini, quello di Francesco e Frate Elia, con l’Alchimia? E soprattutto quali possono essere i legami fra la Massoneria e i due fondatori dell’Ordine Francescano (dico due perché se Francesco lo ho costruito dandogli la prima Regola, è a Frate Elia, suo successore, che se ne deve l’organizzazione e la diffusione)? Chi leggerà il libro comprenderà il motivo dell’accostamento: Calzolari parla delle Corporazioni medievali di architetti e maestranze (“massone” è l’antico nome del muratore), a cui si rifà, a partire dall’inizio del XVIII secolo, una Massoneria detta “azzurra” perché ormai solo speculativa e non più operativa, a differenza delle Corporazioni, in cui l’azione concreta di scalpellare una pietra o di disegnare un arco era la modalità necessaria per comprendere il reale simbolismo dell’Arte muratoria e vivificarlo nella sua dimensione interiore e spirituale.
Il testo si basa sul continuo intrecciarsi di tradizioni apparentemente differenti: l’esperienza religiosa e mistica di Francesco e del suo successore Frate Elia, il simbolismo iniziatico delle Corporazioni muratorie, i Maestri Comacini costruttori della Basilica di Assisi innalzata sotto il vigile controllo di Frate Elia, di cui nella città si conservano l’antica sede e le tombe, e l’Alchimia, l’Arte della trasmutazione anch’essa fondata sulla pratica dell’attività di laboratorio come strumento di perfezionamento dell’adepto per il raggiungimento finale della realizzazione dell’immortalità di corpo, anima e spirito hic et nunc, e non dopo la fine dei tempi sancita dal Giudizio Universale.
Tematiche così complesse vengono presentate in modo facilmente comprensibile, ma allo stesso tempo inducono il lettore più attento a porsi una serie di domande, la cui risposta può solo nascere da una riflessione e da un approfondimento degli argomenti trattati.
Ad esempio, se Francesco volle indicare un ideale di povertà e costumi come via ad imitationem Christi, cosa si cela dietro l’apparente semplicità dei suoi ideali? un ambientalismo che precede l’attuale e diffuso pensiero green? un pauperismo avverso allo smodato comportamento degli ecclesiastici del suo tempo, che darà spunto alle lotte armate di un frate Dolcino? o ci troviamo di fronte a un invito a liberare il corpo da ciò che è superfluo e transitorio, indirizzandolo a uno scopo più alto, così come lo scalpellino sbozza la pietra per ottenere la pietra angolare e l’alchimista macera la Materia prima per putrefarla ed estrarne l’oro?
E Frate Elia, che fu, oltre che organizzatore dell’Ordine francescano e diplomatico al servizio di papa Gregorio IX e dell’Imperatore Federico II, anche alchimista per affermazione dei suoi contemporanei, progettò la Basilica di Assisi su tre piani (la tomba di Francesco scavata nella roccia, la Basilica inferiore e la Basilica superiore) per fare sfoggio delle sue conoscenze nel campo dell’architettura o per tramandare il simbolismo di un percorso iniziatico, il passaggio dall’oscurità dell’inferiora terrae alla conoscenza luminosa dell’ultima sfera celeste?
Elia aveva vissuto per quattro anni in Oltremare molto probabilmente a contatto con i sapienti arabi imparandone la lingua (come avrebbe potuto svolgere altrimenti la sua attività di apostolato per la conversione degli “infedeli”?), per poi ampliarle con i rapporti che ebbe con gli alchimisti che ospitò ad Assisi nel palazzo pontificio di Gregorio IX una volta divenuto Ministro Generale, divenendo così padrone di quelle dottrine per cui Angelo Clareno afferma che egli “seguiva, operava e insegnava molte cose curiose segretamente”, quali “alchimia ed altre cose contrarie al fondatore”: ma queste “cose curiose e segrete” erano davvero “contrarie al fondatore”?
Federico II, altro personaggio studiato da Calzolari, ebbe buoni rapporti con l’Ordine francescano prima che questo fosse incaricato dal pontefice di combattere l’Imperatore scomunicato: anche se un testo troppo tardivo parla di un incontro personale tra Francesco e Federico (A. Terzi, Cronologia della vita di San Francesco, Scuola Tipografica Francescana, 1963), è provato l’affetto che l’Imperatore aveva per Frate Elia, entrato a far parte della corte imperiale nel 1239 dopo essere stato deposto da Ministro Generale e scomunicato, come possiamo dedurre dalle sue epistole in cui ne parla come di un collaboratore fidato ma soprattutto suo familiare: “provido viro fratre Helia, dilecto familiari et fideli nostro” (epistola di Federico al re di Cipro, 1243).
Purtroppo la scomparsa (voluta o casuale?) dei registri del suo epistolario come Ministro, ove erano copiate le lettere che il Generale riceveva e le sue risposte, registro che sappiamo con certezza da frate Salimbene de Adam tenuto dal suo segretario frate Illuminato, impedisce di ampliare le conoscenza sull’argomento dei suoi rapporti con Federico. D’altronde anche i manoscritti più antichi delle opere alchemiche di Elia, che dovrebbero risalire al XIII secolo, sono scomparsi e la Biblioteca del Sacro Convento conserva solo una copia del sonetto Solvete i corpi in acqua con il suo nome in un manoscritto tardo del XVI-XVII scolo (ms. 19 del Fondo Moderno).
Come Elia si circondava di alchimisti, a detta di frate Salimbene, anche Federico, uomo di vasti interessi culturali (e forse non solo culturali), aveva alla sua corte alchimisti come Michele Scoto, il quale nella Ars alchemiae descrive la fitta rete di “figli dell’Arte” con cui era in contatto, estendentesi dall’Italia, da Milano e Sarzana, fino all’Africa mediterranea e alla Siria, e comprendente ovviamente anche Frate Elia, nominato tre volte nel suo testo.
Di Frate Elia abbiamo un gran numero di manoscritti, alcuni dei quali certamente apocrifi, recanti testi alchemici con il suo nome (Paolo Galiano, I codici alchemici di Frate Elia, Edizioni Simmetria, 2022) a dimostrare la sua capacità di esperto non solo nella pratica alchemica, come riconosce Michele Scoto, ma anche nella teoria. E questo porta a un’altra domanda: se si sono attribuiti ad Elia testi alchemici soltanto per dare loro autorevolezza usando un nome falso, come mai non ci sono analoghi trattati con il nome di Francesco, il quale avrebbe dato un maggiore prestigio alle opere essendo di gran lunga più noto? Con il nome di Tommaso d’Aquino, anch’egli santo come Francesco e suo contemporaneo, ci sono giunti testi di grande rilevanza quali l’Aurora consurgens e un De lapide philosophico, ma nulla a nome di Francesco: allora la scelta del nome di Frate Elia come autore di opere alchemiche si deve considerare non un semplice espediente per dare lustro al testo ma come il preciso riconoscimento del suo autore?
Queste e altre domande ancora nascono dalla lettura del libro di Calzolari per chi sappia approfondirne i significati “compressi” nel conciso e sintetico lavoro: non ci resta che sperare in una terza e ancora più ampia edizione della sua opera, in cui questi argomenti qui appena accennati siano sviluppati.
Immagine: Dio come Architetto traccia i confini della creazione (dalla “Bibbia moralizzata”, Vienna ms Vindob. 2554, circa 1250).