Recensione alla Conferenza su Alchimia e Geometria
“Tetragono ai colpi di ventura” è un famoso hapax dantesco, ossia un termine che ricorre una volta sola in tutta l’opera di un autore (Paradiso, XVII, 24), che spesso viene sorpassato durante la lettura senza che il lettore si soffermi a ragionare sul vero significato dell’espressione. Lo stesso avviene con moltissimi altri termini e modi di dire il cui campo semantico meriterebbe invece di essere approfonditamente indagato e che offrirebbero delle vere e proprie ahah-experiences, come dicono gli americani, e che noi, figli della cultura classica, definiremmo squisiti momenti euristici. Trovare la soluzione di un problema, cuocere a Bagno Maria, avvertire qualcuno che non è tutto oro quello che luccica e poi lambiccarsi il cervello sono tutte espressioni che si rifanno ai processi messi in atto dagli alchimisti durante la loro Grande Opera per ottenere la Pietra dei Filosofi, con l’avvertenza che però la “Pietra” non è una vera pietra e che i “Filosofi” non si limitano a discutere nell’agorà dei massimi sistemi.
Oggigiorno siamo immersi in un lessico esoterico che forma e informa la noosfera in cui viviamo, ma ne ignoriamo le radici, e perciò l’essenza. La conferenza svoltasi domenica scorsa 1° Ottobre presso il Simmetria Institute Library Museum della Fondazione Lanzi è stata proprio l’occasione per porre le basi di uno studio che, contro-intuitivamente, quanto più resta “terra terra”, tanto più offre frutti esotericamente validi. Il tema scelto per inaugurare il nuovo anno accademico 2023/2024 è stato quello dei rapporti tra geometria e alchimia e con queste poche righe vorrei portarvi con me dall’altra parte del tavolo, perché per la prima volta ho assistito a una conferenza dell’Ing. Lanzi nella Fondazione Lanzi stando dalla parte dei relatori.
Chi conosce Claudio sa già che ogni conversazione con lui è un’esperienza erotica, proprio nel senso etimologico di scoperta di qualcosa di nuovo che provoca una metanoia, un cambiamento del punto di vista, e spesso anche un habit change, come direbbe il linguista Pierce, ossia un mutamento d’atteggiamento. Già, perché se la conoscenza e le nuove scoperte non servono a trasformarci la vita in meglio e ad approfondire la nostra visione, allora non servono affatto. Sotto questo aspetto Claudio Lanzi è davvero un “ingegnere pentito”, come ama definirsi: uno che mentre imparava dai libri, indagava anche la Natura perché i libri troppo spesso mentono, tacciono o perfino ignorano e la verità va cercata presso i veri maestri, gli umili che hanno mantenuto il contatto con la terra, l’humus.
E proprio dalla terra abbiamo iniziato la nostra conversazione. Da brava linguista ho ritenuto infatti necessario fare chiarezza innanzi tutto sui termini perché sia l’alchimia che la geometria hanno a modo loro a che fare con la terra. Secondo Plutarco, chemia deriva dal termine egizio Keme, che designa sia l’Egitto intero sia la terra nera fecondata dal limo scuro lasciato dal Nilo, e rimanda quindi al significato di rinascita che le popolazioni antiche attribuivano al color nero. D’altro canto, geo-metria è letteralmente la misura della terra, laddove però il “misurare” è un osservare, un ascoltare, un contenere, un comprendere e un soppesare, e la terra è La Terra, Gea o Gaia, la prima divinità secondo molte teogonie. Dunque sia l’alchimia che la geometria si occupano della terra, di quell’humus che accoglie il seme, lo custodisce nel buio e gli permette di svilupparsi.
Figura 1: Emblema XXI tratto da Michael Maier - Atalanta Fugiens, 1617
Conversando con Claudio Lanzi abbiamo sottolineato il fatto che sia l’una che l’altra appartenevano a un sistema di saperi che è stato fatto volontariamente collassare su se stesso, al punto che in ambito accademico ora si può parlare di simboli solo in termini di semiotica: a quella che era una vera Arte è stato dunque dato un nuovo nome, come per modificarne l’essenza, e la disciplina stessa è stata inserita in un nuovo sistema di studi che essendo non più olistico com’era un tempo, ma fortemente specialistico e separativo, non permette più di cogliere il vero senso del proprio oggetto di studio. Infatti anticamente gli studi erano organizzati in un trivium (grammatica, dialettica e retorica) e in quadrivium (aritmetica, musica, geometra e astronomia), entrambi coronati dal bivium (astrologia e alchimia), in un sistema di rimandi davvero olistico che permetteva di cogliere i nessi tra le varie materie; attualmente invece la scuola non insegna più perché il triangolo è stato preso a simbolo del fuoco o dell’acqua, né cosa implica una circonferenza dal punto di vista sottile, ma gli alchimisti lo sapevano bene, per questo usavano il linguaggio geometrico fatto di punti, linee e figure geometriche. Era questo il linguaggio degli uccelli, la lingua verde, l’argot citato da Fulcanelli e ampiamente usato anche dagli astrologi. Già, perché la geometria, ossia la misurazione della terra, non sarebbe completa senza l’astronomia e l’astrologia, che puntano l’attenzione al cielo e agli effetti che gli eventi e i corpi celesti (e celati) hanno sulla terra. A questo punto Claudio Lanzi ha spiegato quale sia l’aspetto sacrale della geometria e come l’uomo antico sapesse costruire il tempio interiore a imitazione di quella cattedrale naturale che è la foresta. D’altra parte anche Baudelaire lo diceva:
La Natura è un Tempio dove pilastri viventi
Lasciano talvolta trapelare confuse parole.
L’uomo l’attraversa districandosi tra foreste di simboli
Che l’osservano con sguardi familiari.
[…]
I profumi e i colori e i suoni si rispondono
Non a caso infatti Goethe definì la musica come architettura in movimento e l’architettura come musica materializzata, per questo Claudio Lanzi ha tenuto a rievocare durante la nostra conversazione pubblica la toccante esperienza del suo primo incontro col Fabbro di Manduria (di cui si può leggere qui https://www.simmetriainstitute.com/it/altri-articoli/1016-il-fabbro-di-manduria-di-c-lanzi.html) e l’importanza dei sapienti colpi che maestro & apprendista insieme devono dare ritmicamente al metallo per forgiarlo. Il metallo canta e ad ogni suono corrisponde un colore e lo stesso accade nelle fasi della Grande Opera, durante le quali ad ogni passaggio cromatico corrisponde una variazione quasi armonica; in quest’ottica il maestro e l’apprendista nel laboratorium sono come il salmista e il coro nell’oratorium: la Grande Opera si può compiere infatti in solitaria, ma la via a due libera e rivela un canto e un controcanto che sono davvero una chiamata e una risposta, un modo efficace di restare presenti e attenti a quanto si sta eseguendo.
E questa in fondo è l’essenza di ogni Opera ben riuscita: l’attenzione, la presenza, la silenziosa osservazione e l’umiltà. E molto umilmente abbiamo cercato di infilare in questa conferenza in sé auto-conclusa tutti gli spunti che umanamente potevamo fornire in un paio d’ore di piacevole chiacchierata. Abbiamo ricevuto calorosi ringraziamenti dai partecipanti, che hanno avuto la pazienza, l’interesse e la cortesia di ascoltarci, e qualcuno ci ha anche sollecitato a proseguire il percorso di ricerca e “tracciamento” degli aspetti che accomunano alchimia, geometria e astrologia. Ci tengo a ripetere che per me è stato un vero onore soprattutto trovarmi nella sede della Fondazione Lanzi, al cui aspetto attuale ho in parte contribuito curando i testi e le traduzioni delle targhe esplicative di ogni oggetto esposto. Durante questa prima ed emozionante esperienza sono stata assistita e protetta dallo splendido busto per Primo Amore, che invito i lettori a venire a vedere, assieme a tutti gli altri meravigliosi oggetti magici e rituali raccolti nel Museo.
Ad Maiora Semper
Stella Picarò