Editoriale 039 La Castità e il Sacerdozio

Prendo spunto da questo link che mi è stato recentemente inviato e che si somma a un'infinità di altre funamboliche sorprese su quello che ci riserva la Chiesa del futuro.
Il problema è vecchio e non ho intenzione di entrare nella polemica, né dal punto di vista sociale, politico e tanto meno religioso. Vorrei invece intrattenere i pazienti lettori di Simmetria con tre brevissimi racconti che mi sono stati narrati nel 1970 da un monaco straordinario. E poi ognuno ne faccia ciò che crede.
 
Prima storia
Un giorno un ragazzo, che fin da giovane aveva sognato di fare il militare, si presentò volontario in caserma. Superò tutte le prove, sottoscrisse entusiasticamente tutte le regole e dopo un po’ lo mandarono in guerra. Dopo mesi di battaglie venne assegnato a una posizione strategica, dietro una mitragliatrice, ma improvvisamente fu preso da una grave "crisi di coscienza". Abbandonò la postazione, andò dal capitano e gli disse: "Non voglio sparare perché ho scoperto di avere un animo da pacifista".
Il capitano restò senza parole, ma tra mille esplosioni e una girandola di pallottole che fischiavano da tutte le parti gli urlò: "Ma perché hai voluto fare il militare?"
Risposta: "Non credevo che durante la guerra si morisse davvero e soprattutto non credevo che avrei avuto tanta paura di morire".
"Ma non ti pare un po’ tardi per accorgerti di questo?"
"No, no" disse il soldato, "io non sparo più".
"Ma non è possibile. Se vuoi restare qui, in questo momento devi sparare, altrimenti ci ammazzano tutti. Poi, finita la battaglia, ti dimetterai e uscirai dall’esercito".
Risposta "Assolutamente no; io voglio fare il militare, restare nell’esercito ma, d’ora in poi, invece di sparare, voglio lanciare dei fiori ai miei nemici".
 
Ci sono tre finali per questa storiella.
La prima versione racconta che tutti gli uomini del battaglione finirono massacrati dal nemico perché il soldato non voleva usare la mitragliatrice e, invece di sparare, discuteva col capitano se fosse meglio mettere gelsomini sui cannoni oppure orchidee.
La seconda versione racconta che il soldato venne mandato in prigione dove scrisse un libro famoso su come combattere le guerre con le rose e le viole; tale libro divenne un best seller e fu presentato su Rai Tre da Corrado Augias (questo particolare l'ho immaginato io).
La terza versione prevede la fucilazione del soldato.
 
 
Seconda storia
Un giovane ragazzone di un paesino di mare decise di fare la guida alpina. Superò tutte le prove teoriche e poi fu portato alle pendici del Monte Bianco per quelle pratiche.
Una volta arrivato all’inizio del primo pendio disse: "Ho le vertigini, non voglio andare in alta montagna".
Allora l’istruttore gli disse: "Bene, in queste condizioni non puoi fare la guida alpina; se vuoi c’è un bel posto da insegnante di pattinaggio artistico o da bagnino".
Il ragazzone rispose: "No, io voglio fare la guida alpina, però solo in pianura".
L’istruttore: "Non si può fare la guida alpina in pianura. Sei stato tu a chiedere di andare in montagna".
Il ragazzone disse: "Voglio cambiare le regole: io lavorerò in pianura ma sarò una guida alpina".
L’istruttore: "Benissimo lavorare in pianura, però non puoi chiamarti più guida alpina, sarebbe improprio: ti chiamerai, guida turistica, insegnante di pattinaggio, bagnino, o come vuoi tu; ma una guida alpina deve saper fare le scalate in alta montagna".
Il ragazzone: "No, mi ribello a quest'imposizione stupida e fascista. Le guide alpine non devono necessariamente fare le scalate" e seguitò a protestare in questo modo.
 
Ci sono tre versioni del finale:
La prima narra che il ragazzone, mandato via dalle guide alpine, si suicidò per la disperazione.
La seconda narra che il ragazzone fondò un gruppo di "guide alpine di pianura" che ebbe un seguito clamoroso, in quanto moltissima gente amava dichiarare d’essere andata a scalare le montagne restando in pianura.
La terza versione non mi venne mai raccontata, ma mi fu proposto di trovarmela da solo.
 
Terza storia.
Un giovane guerriero di una remotissima comunità tribale della giungla thailandese decise di voler diventare sciamano secondo l’antica confessione dei topì-natà.
Il capo degli sciamani topì-natà gli impose varie regole, fra le quali c’era quella della castità (per lo meno per il periodo in cui voleva seguitare a fare lo sciamano topì-natà). Il giovane accettò con entusiasmo, ma dopo un anno di praticantato s’innamorò di una bella ragazza del villaggio, andò dalla sua guida e gli disse: "Guida, io voglio fare lo sciamano topì-natà, ma senza osservare la castità, perché la castità è una regola stupida".
Lo sciamano capo rispose: "Ma allora non puoi fare lo sciamano topì-natà; se interrompi la castità s’interrompe la regola degli sciamani topì-natà. Se non vuoi praticare la castità puoi andare a fare il capo tribù, puoi fare il cacciatore, il guerriero, perfino l’assistente sciamano, o il diacono, ma non lo sciamano topì-natà!"
 
Anche questa storia ha tre finali differenti
Primo finale: il ragazzo fondò una nuova comunità di sciamani dotati di molte fidanzate, aperta anche a tutte le forme possibili di sessualità. I poteri e le qualità di tale comunità erano completamente diversi da quella dei topì-natà, ma trovò subito moltissimi adepti, e tutti lo considerarono assai più "aperto" del vecchio sciamano così legato alla tradizione.
Secondo finale: il capo sciamano spiegò al giovane cos'era la castità dal punto di vista metafisico, il giovane capì, decise di proseguire e diventò anche lui uno sciamano topì-natà.
Terzo finale: il capo sciamano spiegò al giovane cos'era la castità dal punto di vista metafisico, il giovane capì e decise di smettere di voler fare lo sciamano e divenne un ottimo padre di famiglia.
 
Il monaco che mi aveva raccontato queste storielle mi disse che si spiegavano da sole.
 
Claudio Lanzi

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