Caro lettore,
in questo editoriale ti presento alcune considerazioni ovvie, ma indispensabili per introdurre le poche righe di considerazioni meno ovvie a fine articolo.
Molti sostengono che l’uomo tecnologico sia un uomo nuovo, assai diverso dall’uomo sapiens, mentre alcuni insinuano che forse stia perfino smettendo di essere sapiens. Quest’uomo tecnologico è quasi sempre scolarizzato (brutta parola); è un uomo che ha ingurgitato infinite informazioni e le ha divise in schedari, ha parcellizzato la cultura miliarid di specializzazioni e dedica tutto se stesso a studiare delle attività specifiche molto complesse e sottoposte a regole d’uso sempre più rigide, che chiama cultura.
Per acquisire tutte queste informazioni e imparare a destreggiarsi fra tali istruzioni per l’uso occorre molto tempo. Perciò l’uomo ha affidato la gestione del 99% di tali informazioni alle macchine. Dentro il computer c’è un omino virtuale, supertecnologico, che ti dice sia il risultato di 4x4 sia l’anno in cui Scipione l’Africano ha incontrato Annibale per la prima volta e anche quando ci sarà il prossimo concerto rock. In tal modo ti abilita e autorizza a scordarti di tutto: ricorda lui per te.
Del resto è un serpente che si morde la coda in quanto, per far funzionare le macchine sempre più complesse che via via regolano la sua vita, l’uomo tecnologico ha bisogno di altri uomini che studino e lavorino, per anni e anni, nel microsettore specialistico che caratterizza la singola macchina. L’uomo tecnologico necessita inoltre di hardware e software semplici e manovrabili, che s'interpongano fra lui e le macchine più complesse. Tali settori di specializzazione si moltiplicano continuamente e richiedono nuovi tecnici superspecializzati, nuove parcellizzazioni della conoscenza.
Questa è una società di servizi (forse bisognerebbe ricordare che tale parola deriva da servo) e tutti si affannano a cercare di offrire servizi (a chi? a cosa?) come se ciò fosse un onore incredibile e non un piccolo omaggio alla schiavitù. Ad esempio, fino a trenta anni fa un ingegnere conosceva più o meno precisamente come funzionavano un treno, una radio e un telefono e, con un po’ di buona volontà, avrebbe potuto mettere le mani su tutti e tre questi oggetti senza far molti danni. Oggi occorrono tre specialisti diversissimi fra loro e totalmente estranei uno al lavoro dell’altro. Idem per l’economia: il ragioniere di tanti anni fa sapeva più o meno tutto ciò che era necessario conoscere riguardo conti, tasse, gestioni finanziarie. Oggi sono necessari tre specialisti diversi. Idem per gli avvocati che, ovviamente, sono specializzati nel settore civile, nel penale, nel lavoro etc. e la stessa cosa vale per i medici, che sono suddivisi ormai sia per singoli organi come per gruppi di malattie per singolo organo, producendo centinaia di branche specifiche. Ognuno di tali specialisti, a sua volta, è asservito a una rete sterminata di strumenti e di gestori di strumenti, senza i quali non può svolgere la sua professione. Nessun ingegnere, ragioniere, avvocato e ormai quasi nessun uomo comune può fare a meno del suo computer, del suo cellulare, del suo televisore, del suo rasoio elettrico etc. (per non parlare dei suoi bancomat, dei suoi pin, delle sue password, dei suoi infiniti biglietti d’ingresso). Non parliamo poi dei medici, che affidano qualsiasi diagnosi alle macchine preposte alle analisi cliniche regolate da protocolli indiscutibili.
Esiste, cioè, una quantità infinita di oggetti, a loro volta specializzati, pilotati e gestiti da sistemi informatici sempre più complessi, che svolgono funzioni essenziali e in alcuni casi vitali, un tempo affidate esclusivamente alla destrezza, all'intelligenza del singolo e al suo rapporto empatico con altri esseri umani. Tali protocolli deresponsabilizzano l’uomo dal decidere in prima battuta: è il protocollo a decidere per lui. E nella medicina tale deformazione ha raggiunto limiti estremi, sconfinanti con l’etica e su cui torneremo altre volte. Ma ormai siamo tutti consapevoli che se per un mese di seguito si fermasse il complesso sistema informatico (telefoni, TV, internet, ecc.) che lega fra loro tutte le parti del mondo, e se l’uomo dovesse improvvisamente decidere per suo conto, anche sulle questioni più elementari, andremmo incontro a una catastrofe planetaria. Si fermerebbe tutto. Inizierebbero carestie, e disastri d’ogni tipo. L’uomo ha creato un padrone dispotico che non ammette scioperi o proteste e neanche istanti di distrazione o vacanze in quanto, anche per protestare o per andare in vacanza, ti devi servire di lui. E tale padrone si chiama sistema di interconnessione globale. Proprio quello che stiamo usando in questo momento.
Il sistema se ne frega della mia critica in quanto anche la critica è parte del sistema: geniale no?
Ciò è evidente, ma al momento non spaventa nessuno. Tutti questi comodi oggetti, figli dell’automazione e dell’interconnessione globale, separano gli esseri umani anziché avvicinarli. E possiamo riferirci agli oggetti più elementari, ad esempio lo stesso rasoio elettrico ha reso desueto il barbiere e quella grande occasione di dialogo offerta dalla sua bottega; il cellulare, mentre ci illude di comunicare quando vogliamo con chiunque, ci rende alienati e schizofrenici e perfino deforma il nostro linguaggio, tramite gli sms e altre forme di comunicazione criptica. Perché parlare con qualcuno? Gli mando un sms, faccio prima e non è necessario guardarlo in faccia. Vedere ciò che sta realmente accadendo non è facile perché le occasioni di lavoro e le comodità offerte dal mondo specializzato, e globalmente parcellizzato, sono talmente imponenti che ottundono le coscienze. Il mondo giovanile è “"nato" dentro questo sistema e lo usa abbondantemente pensando di contestarlo, mentre lo alimenta in continuazione.
Perciò la rincorsa alla parcellizzazione è destinata ad accelerare. Parole come filosofia, ingegno e tante altre sono destinate a vedere stravolto il senso originale delle loro radici semiologiche: è dimostrato che una laurea in Filosofia (che sforna uomini che studiano la storia del pensiero) non produce necessariamente un filosofo (che dovrebbe essere un amante della conoscenza suprema), una in Ingegneria (che sforna tecnologi) non produce un ingegnere (che dovrebbe essere un uomo in rapporto col suo Genio creativo), una in Legge (che sforna conoscitori degli apparati burocratico-legislativi) non produce un avvocato (che dovrebbe essere uno che difende i principi della giustizia). E non parliamo di quella in Medicina. La quantità d'informazioni ingurgitate non garantisce quindi la qualità di colui che deve impiegarle. Eppure la società continua a proporre corsi a profusione, master di ogni tipo, e ha reso indispensabile la specializzazione e si domanda continuamente come formare le legioni di tecnici di cui ha bisogno. Tante cellule di un'enorme macchina mondiale, ognuna coi suoi compiti e i suoi mezzi, assolutamente ignara dei compiti e dei mezzi dell’altra.
Abbiamo posto all'attenzione del lettore tale premessa generica perché quanto precede ha una ricaduta pesantissima sulla ricerca spirituale di ognuno di noi. Assistiamo quotidianamente al rovinoso ingresso di alcuni specialisti nel settore spirituale e ancor peggio in quello iniziatico. Specialisti che, armati della loro specializzazione, dopo aver brevemente e velocemente arraffato un po’ di nozioni sulla mistica o sull’ermetismo, iniziano ad applicare la loro specializzazione con un processo totalmente invertito rispetto a quanto sarebbe tradizionalmente opportuno. La quantità viene abbattuta sulla qualità e produce centinaia di articoli sul pitagorismo, sulla sezione aurea, sulla musica, sulla geometria, ridotti a soluzioni enigmistiche prive di sapienzialità e di qualsiasi reale collegamento con la Tradizione. Va ancora peggio quando gli specialisti in medianismi, in contatti con i guru occulti, coi profeti stellari s'incontrano con gli improvvisatori matematici, assolutamente digiuni d’ermetismo, e si sperticano in bestialità fantascientifiche: dai cerchi nel grano, al mondo dei frattali, alla musica, alle partizioni del piano euclideo, sragionando sull’aurea proporzione, applicandola ovunque e a sproposito, e fraintendendo completamente il messaggio di coloro che ne hanno fatto un mezzo di perfezionamento interiore: è un vero e proprio massacro della scienza sacra, riproposta come tale dall’ego ipertrofico dei divulgatori di misteri segretissimi, scoperti miracolosamente, intesi a indurre stupore nel pubblico ignaro.
Ma grazie a Dio non esiste macchina né tecnologia né ambizione di potere che possano penetrare nell’anima. E questo vuol dire abbiamo ancora qualche speranza di non diventare cellule neuroniche del Grande Fratello. Soprattutto perché il Grande Fratello, cosa sia l’anima, proprio non lo sa.
Claudio Lanzi