Editoriale 046 Quel diavolo di Berlicche

Un mio conoscente, “acquariano d.o.c.” qualche giorno fa mi ha confidato con aria misteriosissima che questi primi mesi del 2014 saranno caratterizzati da una successione di disastri politici, finanziari e geologici. Fino a qualche decennio fa il suddetto conoscente sosteneva con vigore che stavamo entrando in un’epoca meravigliosa, piena di luce, bellezza, bontà, illuminazioni a pioggia, etc..
Forte di tali contraddittorie conclusioni sulla “fine dei tempi” vorrei ricordare il pensiero di un grandissimo amico scomparso, grande studioso di ermetismo ed entusiasticamente affascinato dal genio di Clive Staples Lewis, che mi fece conoscere attraverso quel piccolo gioiello letterario e spirituale che sono Le lettere di Berlicche. Si tratta di un libretto che renderei obbligatorio nelle scuole laiche e religiose di ogni paese e che consiglierei di leggere soprattutto ai preti di ogni confessione, perché ne potrebbero trarre grande giovamento per rammentarsi di quel personaggio scomodo, contro il quale una volta s'invocavano le Milizie Celesti di San Michele e che oggi a quanto pare si è mimetizzato, come diceva lo stesso Paolo VI, tra le colonne delle chiese.
Diceva dunque questo mio grande amico che, in situazioni di caos totale come quella che stiamo attraversando, è assai facile perdere di vista la direzione e la Via, ed è facile dimenticarsi le priorità dell’esistenza umana; è facile che il bisbigliatore di professione, cioè il “diavolo”, faccia in modo che le afflizioni quotidiane ci devastino disordinatamente e che dei sassolini insignificanti diventino montagne, come mostra appunto il bellissimo libro di Lewis. Ma, come ormai sanno tutti, la più diabolica invenzione del re del dubbio e di ogni relativismo, è proprio quella di far mettere in dubbio la sua stessa esistenza.

altAssai spesso, anche per chi segue o dice di seguire una Via tracciata dalla consapevolezza e dall’amore (come sosteneva lo stesso Giovanni della Croce nella sua Salita al Carmelo) la meditazione, la preghiera e i cosiddetti “esercizi spirituali” anche i più semplici, vengono percepiti soltanto come un obbligo fastidioso più o meno “inutile”. Ma, mentre gli impegni autentici e disciplinati, contrassegnati dalla gratuità, aprono al turbamento (non c’è nulla di peggio di un meditante afflitto dal dubbio sulla “utilità” della sua meditazione), la stessa cosa non accade per quell’oceano di iniziative new age che costano tantissimo e promettono pace interiore e benessere a profusione. Una pletora di profeti tutti più o meno autoiniziati discetta sulle più fantasmagoriche forme di “autoconoscenza”, svolge seminari e “stage” dai titoli deliranti e accoglie mucchi di sprovveduti desiderosi di fare “un percorso”. In questi casi è assai difficile che il partecipante sia assalito dal dubbio sull'utilità del seminario. Infatti dovrebbe ammettere di aver speso tanti soldi per una cosa che “non serve” a niente e, in questo mondo, la “spesa” è ciò che dà valore all’impresa. Il denaro diventa perciò il “garante” della bontà dell’esperienza.
Diceva però il mio grande amico scomparso che il consesso dei profeti adibito a trasformare i sassolini in montagne rimbecillendo le migliaia di allocchi che cadono in queste reti di grande appeal e scarsi contenuti, passa inevitabilmente attraverso la grande porta dell’accidia, la “nutrice” di qualsiasi vizio. L’accidia di coloro che sono felici di delegare la loro salvezzaal finto maestro, meglio ancora se tale salvezza è acquistabile, meglio ancora se fatta in compagnia di altri dispersi, con grandi abbracci, una spruzzatina di “kundalini”, un briciolo di Cabala, qualche campana tibetana, un  Cristo revisionato e indianizzato e una girandola di chakra da aprire con tanto, tanto tanto “amore”. Evviva.

Il tema della “iniziazioni–bufala” mi ha appassionato fortemente nel passato, soprattutto perché ho assistito al plagio avvilente di tanti ragazzi e anche di alcuni adulti. In queste note ritorno sul tema perché in una settimana ho ricevuto una dozzina di inviti a meeting esoterici d’ogni ordine e grado, corsi di formazione sui tarocchi, sull’astrologia rosacruciana, kremmerziana, osiridea, sui templari e su tutto ciò che riguarda gli incroci più acrobatici fra l’anima, il benessere, lo shiatzu,  il “tantra” l’ecologia, la medicina ayurvedica e chi più ne ha più ne metta.
Tali inviti telematici sono invasivi, quasi come le promozioni telefoniche, alle quali assomigliano molto. E senza cadere in facili complottismi, non si può evitare di accorgersi come questa rete di “proposte” misterico-salutistiche si diffonda, invadendo quegli spazi che un tempo erano occupati dalla legittimità dell’ortodossia religiosa: è evidente come l’angoscia di un'umanità desacralizzata e derubata dell’anima, accolga, nella solitudine dei cuori, nell’assenza di scopi, di fede e di speranza, qualsiasi stupidaggine consolatoria; nell’assenza del senso della vita (come afferma Gabriel Bunge nel suo bellissimo testo sull’Akedia). Bunge e tutti i praticanti dell’esichia antichi e moderni, forniscono molti metodi per andare a caccia delle proprie fragilità e per cercare di trasformarle. Ma il vero “genio” di tale indagine, anche se con l’esichia non ha nulla a che fare, è proprio Lewis (che, non a caso, faceva parte della stessa cerchia di Tolkien). Nel suo libro infatti Berlicche (diavolo, per così dire, “esperto”) suggerisce a Malacoda (diavolo “apprendista”) svariati metodi di tentazione. Berlicche è sapientissimo, bellissimo, furbissimo: è un genio, ed è ovviamente “diabolico”, sa come spostare l’attenzione della mente di colui che sta aggredendo con sottile furbizia. Berlicche è un cultore del particolare (di quello che, in quel momento, sembra importantissimo, perché lusinga, oppure sorprende, oppure offende o deprime; insomma è un esperto di qualsiasi cosa che titilli l’ego, sia in positivo che in negativo); e ovviamente cerca persone che valga la pena tentare. Maggiore è lo “spessore” spirituale del tentato, maggiore sarà il merito del diavolo che  cercherà di fargli scegliere la via più facile. Berlicche rende importante il dettaglio (ovviamente solo quello che lui vuol mettere in luce e che agita la mente umana) e fa precipitare nelle nebbie di Avalon la visione d’insieme. Questo mirabile “incantamento” fa presumere alla mente di colui che lo ascolta, di essere particolarmente vigile, anzi, sotto un certo aspetto, lo costringe a esser vigile. Ma è una vigilanza col microscopio che quindi fossilizza l’attenzione solo su ciò che solletica prepotentemente l’”io”. Il resto si dissolve e, nel nome di un bene visibile e transitorio, può far compiere un male occulto e permanente

Diceva il mio grande amico ermetista che è proprio questo il raffinato esercizio che contraddistingue l’opera dei moderni eredi di Berlicche. I moderni pifferai magici che allettano con le loro lusinghe il piccolo Faust che è in ognuno di noi, operano sull’economia, sulla politica militante, sulla religione socializzata, sull’etica addomesticata e ovviamente sulle accattivanti proposte para-spirituali. Questi pifferai transitano attraverso i valichi della psiche più aggredibili: quello della “liberazione sessuale” e quello dell’ambizione, del successo e del potere. Ma quanto ancora dovremo liberarlo, quest sesso? Andare a ballare nudi sopra un altare ha a che vedere col sesso? Promuovere l’omofilia in ogni trasmissione televisiva ha a che fare col sesso? Il piano di distruzione della famiglia costituita da padre, madre e figli ha a che fare col sesso?
No. Non c’entrano nulla, né col sesso e neanche con l’Eros. In questo gioco perverso c’è il trionfo di Berlicche. In fondo è lui, Berlicche, il principe della manifestazione, è lui il gestore della materia grezza, dei “dati sensibili”, del “tempo reale”, dell’evidenza “oggettiva”, del “parliamo tutti con tutti illimitatamente”. Berlicche è l’inventore del “tavolo di lavoro”, del “dibattito”; è lui che “cinguetta” nella fogna collettiva delle reti mediatiche; è lui il “grande fratello”, il capo di tutte le spie, di tutti i primi ministri, dei gestori internazionali degli interventi “umanitari” obbligatori, degli esportatori di democrazie; è lui che, attraverso l’ipocrisia mascherata da libertà, da liberismo, da buonismo e da democrazia, incide sull’accidia di ogni essere umano, proponendogli obiettivi meccanizzati, accattivanti e facilmente raggiungibili (basta spingere un tasto). Propone diritti, possibilità, occasioni facili (basta fare il numero giusto). Propone la disorganizzazione della tua memoria e la sostituzione con la sua, propone la riduzione della fatica, dell’impegno mentale e fisico; propone la distruzione del peccato e la sua sostituzione col “problema”. 


Speriamo che ci sia qualcuno che si senta peccatore e che sia ancora disponibile a operare nel silenzio, che realizzi il piccolo miracolo d’esistere senza deleghe e meccanizzazioni, che si accorga di errare e non chiami “problemi” i suoi sbagli, che desideri e si domandi se quello che fa è giusto e bello, che non si vergogni di vergognarsi se invece è brutto e che resti sempre in grado di stupirsene.

Claudio Lanzi


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