Editoriale 011 Santità, era ora!

Finalmente, con un atto impegnativo e coraggioso, Sua Santità Benedetto XVI ha restituito ai tanti cattolici che per 50 anni hanno penosamente e a volte fastidiosamente sofferto dello stravolgimento liturgico post conciliare, la Messa Tradizionale in latino, conformemente alla riforma di San Pio V, che per secoli aveva alimentato la meticolosa perfezione liturgica della ritualità cattolica.

altLa maggior parte dei giovani che hanno vissuto esclusivamente la confusa assemblearità delle attuali liturgie non ha potuto capire la differenza tra il “prima” e il “dopo” Concilio. In parallelo alla variopinta “fenomenologia” socio-fideistica postconciliare, che esternava manifestazioni religiose sempre più simili a raduni sindacali o a concerti di piazza, accadeva di sentire alcuni ragazzi che, forse affascinati dall’esotismo ma anche dalla rigidità della spiritualità orientale, tornando dall’India, o dal Tibet, o dalla Russia ortodossa o dal Giappone, magnificavano la “serietà” delle altrui liturgie e l’atmosfera densa d'impegno, di silenzi, di cerimonie, di “meditazione” e di riti (di cui, nella maggioranza dei casi, non capivano quasi nulla).
Forse è stato anche per questo se, dal 1970 a oggi, laici e preti ci hanno sommerso di proposte orientaleggianti (a volte suffragate da un certo studio, altre volte rifacendosi, consapevolmente o no, alla new age). Così sono sorte i vari “yoga cristiano”, “zen cristiano”, “meditazione buddista-cristiana” etc., importando tecniche e culti di cui, se si fosse conservato più correttamente ciò che già c’era a casa nostra, forse non ci sarebbe stato bisogno.

Per compensare un vuoto che, improvvisamente era diventato un abisso, dove la potenza della preghiera, della meditazione e della contemplazione cristiana erano andate perdute, anche i preti hanno cominciato a dire Om invece di Amen (forse con una scarsa consapevolezza del senso sia del primo che del secondo insieme sillabico). Il che, sotto un certo aspetto, significa che preti e fedeli del 1970 e 1980, cresciuti a forza di Coca Cola, Che Guevara, videogiochi, “parliamone”, “il discorso è a monte”, e “laicità” a profusione, avevano perso il senso della Tradizione e non comprendevano più che la medesima ha il compito di conservare sia nella Forma sia nella Sostanza, gioielli realmente preziosi e che, rovinando o inquinando la Forma, si rischia spesso di rovinare la Sostanza.

Simmetria si è sempre profusa in lamentazioni anche piuttosto vivaci sullo stato delle cose e gli articoli di Epimeteo apparsi sulla nostra rivista (n° 2, 3 e 4) hanno abbondantemente spiegato la nostra posizione. Per tale ragione, la restituzione del Rito nella sua integrità funzionale, nelle sue preghiere, nelle sue pause (tutte liturgicamente e sapienzialmente codificate), nei suoi orientamenti (finalmente di nuovo verso l’Altare), nei suoi canti (di nuovo il gregoriano) etc., non può far altro che aprirci alla speranza che i numerosi cattolici che non hanno mai abbandonato l’antica liturgia potranno smettere di sentirsi profughi in casa loro, o addirittura perseguitati o infine, assurdamente denominati “fascisti” solo perché trovavano naturale e assai più profondo ascoltare “ITE, MISSA EST” piuttosto che dei contraddittori “la Messa è finita, andate in pace”.

Ma, al di là dei facili entusiasmi, a seguito della straordinaria decisione di Benedetto XVI, sorgono alcuni non semplici quesiti. Che fine faranno adesso le spaventose canzonette del signor Cento, autore di quei veri e propri abominii musicali (per non parlare dei contenuti)? E quelle lagne infelici e stucchevoli che distraevano il praticante dalla solennità dell’Eucarestia, senza lasciargli un attimo di raccoglimento, dove andranno a finire? Si formeranno forse due altari in ogni parrocchia, uno dove si sta avanti e l’altro dove si sta dietro, uno dove si canta in modo folk e bifolk e l’altro dove si medita con la salmodia? E quei pistolotti privi di senso e senza alcun riferimento al Vangelo del Giorno, che vengono declamati da alcuni sacerdoti, potentemente ispirati da eventi che non sono in nessun rapporto con la Liturgia? E tutte quelle dichiarazioni personali d’intenti da parte dei fedeli, apparentemente umili, ma in realtà caratteristiche di un trionfo strabocchevole dell’ego?


Carissima Santità, consapevoli della nostra ignoranza e miseria spirituale, dal nostro angolino tradizionale (tradizionale in tutto, non solo nella liturgia), Le auguriamo di esser stato un previdente Dottore e di aver adottato la cura giusta nel momento giusto; noi confidiamo nella Provvidenza ma temiamo che il “paziente”, cioè la Chiesa, sia ammalata assai gravemente insieme a tutta l’Umanità.
Siamo stati e siamo ancora sconcertati dall’esercito di scalmanati con le manine alzate che strillano Alleluia nel tentativo di svitare invisibili lampadine, e che fanno vaghi passi di danza tribale durante le Sue Omelie Domenicali (e ancor più ne facevano durante quelle dei Suoi predecessori). Siamo scoraggiati da tutti quelli che per cinquanta anni hanno confuso la Messa con una “assemblea” e l’Eucarestia con una “tavolata collettiva”; siamo assai perplessi di fronte a quei sacerdoti che, volendo essere più bravi dei sindacalisti, si sono guadagnati gli onori delle cronache “laiche” per il loro alto senso sociale. Siamo quanto meno avviliti di fronte a tutti quei preti che vanno in giro vestiti come gli esponenti di un gruppo rock e che si sono scordati il senso dell’Abito; siamo demotivati da quelli che hanno confuso l’interventismo con la missione spirituale e che non conoscono più il senso autentico della preghiera e neanche lo insegnano. 
Santità, noi siamo molto maleducati, disattenti, assai presuntuosi, poco prudenti, poco forti, accidiosi, pessimi credenti e perfino tradizionalisti. Abbiamo, insomma, una marea di vizi e difetti che sarebbe troppo lungo elencare; ma ne siamo consapevoli. Lei vive come Pastore di un popolo al quale hanno metodicamente insegnato la maleducazione spirituale, l’oblio delle origini, il disprezzo per la gerarchia sapienziale. L’aspetta perciò un compito terribile, un vero e proprio martirio, che noi non saremmo mai in grado di concepire: quello di rieducare e riproporre la Gerarchia dei valori ai Cristiani; e a noi viene il sospetto che sia necessario ricominciare dai principi sapienti sottesi nel bel quadro di Ambrogio da Fossano, che proponiamo all'inizio dell'editoriale. Qui potest capere capiat. Tutto il resto ci sembra una conseguenza.
Ci vengono i brividi a pensarLa in tale terribile compito e non La invidiamo neanche un po’, ma Le siamo vicini. E poiché Simmetria come associazione culturale tradizionale accoglie con identica simpatia sia i Cristiani che i Buddhisti, che i Musulmani che gli esponenti di qualsiasi altro filone religioso, La assicuriamo che chiunque è animato da autentica tensione spirituale non può che compiacersi per questa Sua Opera coraggiosa.

Claudio Lanzi

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