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ATLANTIDE, nostalgia della perfezione perduta: simbolo o realtà? (di P. Galiano)

ATLANTIDE, NOSTALGIA DELLA PERFEZIONE PERDUTA:

SIMBOLO O REALTÀ? 

Il mito di Atlantide raccontato da Platone nel V sec. a.C. ancora oggi vive nell’immaginario dell’uomo moderno: Atlantide è il simbolo del desiderio subconscio dell’uomo di avere un punto di riferimento, per quanto utopico esso possa essere, di una “società perfetta”, uno Stato nato dalla consonanza tra Dèi e uomini, concepito come un’organizzazione sociale di individui liberi dall’attaccamento al particulare, i quali erano pervenuti con l’aiuto degli Dèi a un alto livello di sapienza e di conoscenza e che incisero profondamente sui popoli vicini, ma venne alla fine distrutta dalla hybris umana per la rottura dell’armonia e della giustizia (un sacerdote egizio parlerebbe di “perdita della Maat”).

Da venticinque secoli Atlantide non è stata mai dimenticata e l’idea di essa ha assunto significati sempre nuovi: ad esempio l’idea del popolo atlantideo è passata dall’aspetto politico nel senso più alto del termine, si pensi alla società della Utopia di Tommaso Moro e dell’incompiuta Nuova Atlantide di Francesco Bacone, alla nascita dalla fine dell’800 della concezione della “razza atlantidea” con i teosofi della Blavatski e gli antroposofi dello Steiner[1], diventando in seguito puro e semplice razzismo con gli pseudo-scienziati come Hans Hörbiger e la sua Atlantide distrutta per azione delle Lune che si alternarono intorno alla Terra, fino a giungere, per l’incrociarsi di pensieri magici e pseudo mistici di origine diversa, all’idea della “razza ariana” erede di Atlantide concepita da Rosenberg e da Himmler[2].

Ma se Atlantide è il simbolo dell’ eterna ricerca della perfezione, essa è esistita veramente o è necessario fare un annuncio sui giornali, come scrive scherzosamente il Feder[3]: “Offresi ricompensa per continente scomparso”?

E se Atlantide fosse esistita dove sarebbe localizzabile geograficamente e quale fu la ragione della sua scomparsa? La sua supposta influenza sullo sviluppo della civiltà arretrate che si trovavano a Oriente e a Occidente di essa è realmente esistita, e in caso affermativo quali settori di “influenza atlantidea” sarebbero causa dell’evolversi di queste civiltà di livello inferiore, dagli Egizi e dai Sumeri agli Olmechi centroamericani e alle culture pre-incaiche?

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Figura 1: Giorgio Grognet de Vassé: carta dell’Atlantide mediterranea dal manoscritto originale del 1840, successivamente in Compendio ossia epilogo anticipato sulla precisa situazione della famosa sommersa Isola Atlantide, F. W. Franz Tipografo, Malta 1854 (www.societàgeografica.net).

L’esistenza di Atlantide è stato argomento di ricerca per categorie diverse di autori, dagli scrittori italici della Saturnia tellus (Ravioli e Mazzoldi fino a Leonardi e Di Nardo), per i quali essa era l’origine della prisca civiltà italica e dei popoli del bacino mediterraneo[4] FIG. 1, agli studiosi che, dal ‘900 ai nostri giorni, hanno cercato di dare un fondamento all’esistenza di Atlantide, dagli italiani, solo per citarne alcuni, Gennaro D’Amato e Roberto Pinotti a Graham Hancock, Colin Wilson, Michael Baigent, Richard Leigh e René Schwaller de Lubicz (1887-1961), egittologo e matematico, alchimista ed esoterista, il quale costruì un complesso schema di prove per dimostrare la discendenza degli Egizi dal popolo atlantideo, fino purtroppo agli ufologi fautori degli “antichi astronauti” che atterrano ovunque ci sia un parcheggio disponibile non a pagamento (per questo scelgono sempre luoghi inaccessibili, quali il deserto di Nazca, i vulcani attivi, le lande artiche dell’Alaska, le profondità marine, ecc.).

Ipotesi d lavoro

Per dare una risposta, l’ipotesi potrebbe essere così enunciata: è esistita una civiltà socialmente ben organizzata e di cultura elevata (anche se non conosceva il laser e la telecinesi) in un’età non precisabile, probabilmente localizzata nell’Oceano Atlantico, forse non un continente ma un arcipelago di isole di differenti dimensioni, civiltà che sviluppò in anticipo sui popoli vicini una conoscenza approfondita della matematica e delle sue applicazioni a discipline diverse, dall’arte marinara all’astronomia e al computo del tempo, all’ingegneria e alla costruzione di monumenti imponenti, conoscenze che condivisero, probabilmente più per ragioni espansionistiche che per amore del prossimo, con i popoli a Oriente e Occidente; il popolo di Atlantide si spostò in piccoli gruppi di individui presso costoro, forse per una serie di cataclismi (caduta di asteroidi e corpi celesti, eruzioni vulcaniche, terremoti, ecc.), finché una catastrofe di enormi proporzioni distrusse ciò che rimaneva delle terre del regno atlantideo facendolo definitivamente scomparire.

La civiltà di Atlantide, qualora fosse esistita, avrebbe raggiunto vertici elevati in un’età molto più antica di quella che la scienza ufficiale dà ai primi siti cultuali di Karahan Tepe, ascrivibile all’11500 a.C., e del vicino Göbekli Tepe (Xerabreşkê, "sacre rovine" in curdo), datato con il metodo del C14 tra il 9700 e l’8200 a.C., e ai primi insediamenti stabili, Gerico in Palestina (risalente al Periodo Natufiano, tra 12.500 e 10.200 a.C.) e Çatalhöyük in Turchia (circa 7400 a.C.). In queste località non vi sono tracce di una cultura di alto livello quale si suppone dovesse avere Atlantide, quindi essa dovrebbe avere raggiunto l’àpice della sua civiltà nei millenni seguenti o, al contrario, di gran lunga precedenti.

In particolare l’affermazione circa l’abilità di naviganti del popolo di Atlantide si basa sulla pubblicazione del libro di Hapgood sui “Re del mare”[5]: l’autore portò a sostegno della sua ipotesi il c. d. “Portolano di Piri Re’is”, una carta nautica del 1513 a sua volta basata su portolani precedenti, in cui sarebbe riconoscibile quella che potrebbe essere la costa dell’Antartide priva di ghiacci a sudest della probabile costa del Sud America. Questo porterebbe, secondo gli atlantidologi, a risalire a una carta nautica molto più antica, visto che l’Antartide per tutta l’ultima Era Glaciale è stata coperta dai ghiacci[6], o, in alternativa, a situare il continente antartico di queste supposte carte derivate da più antichi portolani in una posizione climaticamente diversa, con tutti i discorsi correlati sulla precessione degli Equinozi, lo spostamento dei Poli magnetici e delle placche tettoniche e altri argomenti simili che qui evito per semplicità di lettura.

Un paragone tra i navigatori atlantidei e una civiltà simile può essere fatto prendendo in considerazione la cultura di Mindoro nelle Filippine (pertinente al continente noto come Lemuria per gli specialisti dei “continenti scomparsi”). Recenti studi[7] ritengono sia la più antica civiltà marinara al mondo finora conosciuta, risalente a circa 35000 anni fa, quindi all’epoca in cui Atlantide sarebbe esistita: i ritrovamenti della cultura di Mindoro dimostrano che l’uomo era già allora in grado di navigare in mare aperto e non solo seguendo i profili costieri, ma si trattava di una popolazione di pescatori e raccoglitori di prodotti del mare e della terra ferma all’Età Neolitica, e nessun reperto ha dimostrato che avessero quelle conoscenze approfondite di astronomia e di matematica che si suppone fossero proprie dei navigatori di Atlantide.

Le basi delle prove dell’esistenza di Atlantide

Le prove portate dagli atlantidologi a dimostrazione dei rapporti degli Atlantidei con l’Occidente e l’Oriente sono di diversa natura ma quelle considerate più probanti sono due:

  • Prove linguistiche:

Somiglianza o identità di significato tra vocaboli centro-sudamericani e vocaboli europei, africani e asiatici dimostrerebbero l’esistenza di una comune origine della lingua delle popolazioni delle due sponde dell’Atlantico. Ma le concordanze sono minime, come aveva già scritto il Thevenin nel 1946: “Quest’analogia non proverebbe molto, ma i nostri autori e a caso vanno a caccia di vocaboli attraverso i lessici di tutti i paesi[8].

Si è giunti non solo a cercare di comporre un “vocabolario amerindio - europeo” ma ancor più specificamente un “vocabolario quechua aymara - etrusco italiano”[9], lavoro molto opinabile considerata, ad esempio, l’inesistente corrispondenza tra alcuni nomi di divinità, in realtà di incerta origine etrusca, come “Velchans” (in realtà Velchans è un prestito etrusco dal latino) con il quechua Wilka, Dio del Sole, corrispondenza priva del significato infero proprio di Vulcanus[10], o, peggio ancora, citando come etrusco il nome “Giove”, nome latino dell’etrusco Tinia. Evidenziamo infine la scarsa conoscenza da parte della Rosi de Tariffi delle parole etrusche, tra cui inserisce “canopo”, termine greco derivante dalla forma dei vasi del ramo canopico del Nilo in seguito passato a significare i vasi funerari per i visceri, invece dell’etrusco “cape”, contenitore, il cui significato è ben lontano da quello attribuito al quechua “conopa” come insieme di divinità protettrici della famiglia.

E qui mi fermo per non annoiare il lettore con particolari sull’assurdità dell’argomento, facendo solo notare che nel “vocabolario amerindio - europeo” portato dagli atlantidologi a dimostrazione della tesi è assente quello che secondo me è il vocabolo più importante, perché collega la lingua maya addirittura con l’anglo-milanese: il maya katùn, nome di una divisione dei cicli degli anni, è chiaramente analogo all’inglese cat = gatto unito al suffisso milanese –un, cioè “il Gattone che presiede al tempo cosmico”, il cui simbolo nella Gnosi ha testa di felino (leone) nelle raffigurazioni dell’arconte Ialdabaoth o dell’Aion (ovviamente sto scherzando).

  • Architettura:

La costruzione di piramidi da parte di civiltà europee e centrosud-americane è l’argomento più diffuso presso gli “atlantidisti”. Sorvolando ovviamente sulle fantasie numerologiche e profetiche di Piazzi Smyth e successori, la domanda da porsi è: qualcuno ha mai visto una piramide egizia con una scalinata centrale che porta a un tempio sulla vetta della costruzione? No, semplicemente perché si tratta di concezioni architettoniche e spirituali anche temporalmente di molto differenti.

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Figura 2: Piramide di Djoser (autore: Olaf Tausch; licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported).

La “piramide a gradoni” di Djoser FIG, 2, portata come esempio dell’utilizzo in Europa e nell’America centrosud di uno schema costruttivo eguale per egizi, sumeri e babilonesi come per aztechi, maya e inca (nonché dei popoli che li hanno preceduti, a cominciare dalla civiltà arcaica peruviana di Caral e di Peñico, risalenti al II millennio a.C.), fu solo un primo tentativo architettonico che interessò una sola generazione, considerato che Snofru, forse figlio di Djoser ma comunque suo successore, ne costruì ben tra elaborando, con risultati a volte negativi, la tecnica di copertura dei gradoni con blocchi di calcare di Tura. La “piramide a gradoni” dell’Egitto è un momento di passaggio della tecnica ingegneristica, può essere una tomba ma di certo è un tempio di per sé che non ha la necessità di aggiungere sulla sua cima una costruzione per venerare gli Dèi, in quanto il Faraone è un Dio, mentre il sovrano amerindio, come quello sumero-babilonese, è al massimo un semidio e non riceve come tale adorazione ma è colui che offre agli Dèi il dovuto culto.

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Figura 3: Le Piramidi di Caral (autore: Xausa; licenza Creative Commons Attribution-Share alike 3.0 Unported)

La distanza temporale che intercorre tra le piramidi egizie e sumeriche e quelle pre-azteche e pre-maya è sufficiente per comprendere che non ci si trova di fronte a manufatti simili ma ad simbolo universale esistente presso tutti i popoli in quanto la piramide è la montagna sacra sulla cui vetta vivono gli Dèi e dove l’uomo, vivo o defunto, si transumana. Se gli ultimi atlantidei avessero portato la struttura piramidale come architettura sacra ai popoli dell’Est e dell’Ovest, come mai questi ultimi ci hanno messo circa tremila anni per realizzarla materialmente (o un millennio nel caso di Caral)? Le piramidi pre-inca di Caral in Perù FIG. 3 (per ora considerata in assoluto la prima civiltà organizzata nelle Americhe), come quella olmeca di Cholula FIG. 4 e quella maya di Palenque FIG. 5 risalgono ad epoche posteriori alle costruzioni simili dell’Occidente, le prime databili tra il 3000 e il 1800 a.C.[11]  e la seconda tra il II millennio a.C. e il VII sec. d.C.

1377 4 Piramide di Cholula modello Wiki modif

Figura 4: Complesso della Piramide (olmeca?) di Cholula, Messico;
modello ricostruttivo dei principali monumenti dell’area (autore: Alejandro Linares Garcia;
licenza Creative Commons Attribution-Share alike 4.0 International, 3.0 Unported, 2.5 Generic, 2.0 Generic e 1.0 Generic, modificata
)

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Figura 5: Piramide maya di Palenque o “Tempio delle iscrizioni”, tomba del sovrano Pakal (autore: Luca Nebuloni; licenza Creative Commons 2.0 Generic).

 

 

Quindi non sembrano esistere prove di diffusione di una civiltà comune ai due continenti a partire da una località che dovrebbe essere situabile per forza di cose nell’Atlantico: anche dal punto di vista culturale, della matematica e dell’astronomia furono più profondi conoscitori i maya (probabilmente basandosi sugli studi dei loro predecessori olmechi e toltechi) rispetto agli Egizi, i quali dimostrarono invece maggiori capacità ingegneristiche nel tagliare e sistemare blocchi di enorme peso, capaci di estrarre dalle cave di granito di Assuan monoliti di centinaia di tonnellate per erigere un singolo obelisco[12]. I Sumeri costruirono le grandi e splendide ziggurat, furono grandi conoscitori del cielo, ma la loro tecnica costruttiva rimase legata al mattone di fango, più facile da procurarsi rispetto ai blocchi di calcare e di granito egizi (i quali scelsero questi materiali pur avendo anch’essi disponibilità di fango e paglia per fabbricare mattoni FIG. 6, come racconta la storia contenuta nel Libro dell’Esodo).

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Figura 6: Mattone di fango e paglia dagli annessi della piramide di Dashur, Egitto (foto Paolo Galiano©).

 

La localizzazione di Atlantide e la sua scomparsa

Come si può rilevare da una lista di oltre duecentocinquanta ricercatori che dal XVI secolo ai giorni nostri[13] si sono dedicati all’argomento, la netta maggioranza pone nell’Oceano Atlantico la posizione originaria di Atlantide. Questo per gli atlantidologi sarebbe confermare dal dato biologico per la funzione di “ponte” del territorio o comunque delle isole atlantidee dimostrata dall’esistenza in Africa e in Europa, cioè nelle regioni ad est e ovest di Atlantide, di una fito-fauna ritrovata in forme fossili (si pensi al cavallo, all’elefante e altri grandi animali scomparsi in America) o vivente allo stato attuale nei territori americani, dal banano, un’erba che difficilmente poteva aver attraversato un oceano per trapiantarsi in altri luoghi, ad alcune specie di fiori[14]. Peccato che i funzionari della Dogana atlantidea abbiano bloccato l’importazione delle piante commestibili basilari per le popolazioni di allora, quali ad esempio il frumento, il farro, l’orzo, il riso, il miglio e il sorgo della sponda europeo-africana e il pomodoro, la patata, il mais, il fagiolo e il cacao della sponda amerindia. Già allora Donald Trump aveva imposto dazi esorbitanti?

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Figura 7: Athanasius Kircher: mappa dell’Insula Atlantis (da A. Kircher, Mundus subterraneus, Amsterdam 1665, p. 82). 

Che si trattasse di un vero e proprio continente, come la disegna Athanasius Kircher nella cartina riportata nel Liber secundus technicus del Mundus subterraneus FIG. 7, o un arcipelago non è ovviamente possibile dirlo.

Il fatto che la regione dove si ipotizza l’esistenza di Atlantide corrisponde alla dorsale montuosa sottomarina vulcanica nota come Dorsale Medio Atlantica rende più probabile la seconda ipotesi, cioè che si trattasse di isole di origine eruttiva, come confermano i numerosi reperti di rocce basaltiche, tipiche di colate laviche avvenute all’aria e non sotto il l’acqua marina, in carotaggi effettuati per altri motivi in punti diversi dell’Atlantico[15]. Il Kircher attribuisce la scomparsa dell’insula Atlantidis al fatto che essa si trovava proprio in una regione di forte vulcanismo e di terremoti intensi, fenomeni che pochi anni prima, nel 1638, avevano colpito le Canarie.

Per quanto concerne la sua scomparsa, basandosi sul Crizia e sul Timeo di Platone, essa sarebbe avvenuta in un tempo brevissimo (“un giorno e una notte”) per una catastrofe improvvisa, il che è accettabile almeno per la fine dell’esistenza di Atlantide, perché se la scomparsa fosse avvenuta in modo graduale, ad esempio per abbassamento del fondo marino come ritengono gli autori russi[16], ci sarebbe stato il tempo per la popolazione di trovare terre più sicure, il che avrebbe comportato non la scomparsa ma lo spostamento dell’intero (o quasi) popolo atlantideo con tutte le sue conquiste culturali, il quale invece lasciò solo pochi gruppi di élite in grado di tramettere i fondamenti della civiltà alle popolazioni ad est e a ovest del supposto regno.

Nelle zone riferite alla supposta presenza di Atlantide, oggi viste dagli atlantidologi negli arcipelaghi delle Azzorre, delle Canarie e di Capo Verde a est e dei Caraibi a ovest, il fondale dell’Oceano, come si può vedere nelle cartine del NOAA FIG. 8a e 8b, non è così esteso da poter supporre l’esistenza di una serie di grandi isola o di un continente sommerso.

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Figura 8a: Fondale dell’Oceano Atlantico nel settore nord tra America ed Europa (da: National Center for Enviromental information – National Oceanic and Atmosferic Administration, NOAA, modificata).

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Figura 8b: Fondale dell’Oceano Atlantico nel settore centrale tra America Centrale – zona caraibica e Africa occidentale (da: National Center for Enviromental information – National Oceanic and Atmosferic Administration, NOAA, modificata).

 

 

Le differenze fra i possibili rapporti tra Atlantide e l’ampia fascia di territorio nordafricano-mesopotamico da un lato (la cui cultura sembra essere stata indirizzata più verso un’attività ingegneristica che matematica) e la regione centro-sud americana (la capacità matematica dei maya, che sia stata sviluppata a partire dall’influsso atlantideo o che avesse come base le civiltà olmeche e tolteche, è di gran lunga superiore a quella egizio-sumerica) inducono a rivedere le parole di Platone, che per altro non era interessato alla storia ma al significato simbolico-filosofico di Atlantide: la regione atlantidea scomparve non “in un giorno e una notte” ma in almeno due fasi, la prima forse a partire dal 12.500 a.C., epoca dalla quale si stima sia iniziata la deglaciazione attraverso periodi successivi fino allo scivolamento nell’Atlantico dell’enorme ghiacciaio della Laurentide nordamericana con conseguente innalzamento improvviso del livello del mare e, per contraccolpo, attivazione dei vulcani atlantici per la mutata distribuzione dei pesi[17], e nel II millennio a.C., data approssimativa in cui un corpo celeste o una pioggia di frammenti cosmici sarebbe caduta sulla regione dell’Atlantico devastando e inabissando le parti residue del territorio atlantideo con la sua definitiva scomparsa. Questo evento avrebbe dato origine al mito di Fetonte e della caduta in frammenti del carro del Sole[18], cantato da Ovidio nel Libro II delle Metamorfosi, che sarebbe la trasformazione poetica della distruzione di Atlantide.

La scomparsa del territorio atlantideo in più fasi e lungo un ampio periodo temporale darebbe ragione di quelle fondamentali discrepanze cui ho accennato sopra tra la supposta diffusione della civiltà di Atlantide prima ad est in Egitto e millenni dopo ad ovest in direzione dell’America centro-meridionale.

Per ora tutto ciò che si può fare è sedersi sulla rocca di Gibilterra con un panino di chorrizo piccante in una mano e una bottiglia di birra Estrella Galicia nell’altra e sospirare: “E qui fu Atlantide!”.

                                                                                                                                                                  

[1] Colgo l’occasione per ringraziare ad memoriam Rudolf Steiner per il suo Cronaca dell’Akasha, Fratelli Bocca Editori, Milano-Roma 1953, nel quale l’autore tratta della razza degli Atlantidei come quarta “razza radicale” secondo una conoscenza spirituale della metastoria scritta “con lettere diverse dalle consuete“, che “la teosofia e la gnosi chiamano cronaca dell’Akasha”. Grazie alla lettura in gioventù di questo testo mi sono sempre tenuto lontano da qualunque centro di Teosofia, di Antroposofia e di spiritualità più o meno esoterica o pseudoesoterica che partecipasse a tali ideologie.

[2] Ad essere precisi un ruolo in tutto ciò lo ebbe Steiner, il quale poneva la “razza ariana”, settima e ultima “razza radicale”, come discendente della “razza atlantidea”, quarta “razza radicale” seguita dalla “razza protosemitica” e dalla “razza mongolica”.

[3] Kenneth Feder, Frauds, myths and mysteries, Mayfield Publisching Company, 1990 (traduzione italiana: Frodi, miti e misteri, Avverbi Edizioni, Roma 2004), titolo del Capitolo VIII.

[4] Questa concezione, che raggiunse il suo maggiore sviluppo con gli autori citati, ebbe numerosi altri sostenitori, si pensi al Grognet, contemporaneo di Ravioli e di Mazzoldi, e alla sua identificazione dell’arcipelago maltese come residuo della perduta Atlantide (Giorgio Grognet, Compendio ossia epilogo anticipato sulla precisa situazione della famosa sommersa Isola Atlantide, F. W. Franz Tipografo, Malta 1854). 

[5] Charles Hapgood, Maps of the ancient sea kings. Evidence of advanced civilization in Ice Age, Adventures Unlimited Press, Kempton (Illinois, USA) 1966.

[6] Grieman M. M., Nehrbass-Ahles C., Hoffmann H.M. et al., Abrupt Holocene ice loss due to thinning and ungrounding in the Weddell Sea EmbaymentNat. Geosci. 17 (2024), pp. 227–232, https://doi.org/10.1038/s41561-024-01375-8 (consultato 30/06/2025. Per altro il livello del mare sarebbe stato durante il Massimo Glaciale (circa tra i 29.0000 e i 19.000 anni or sono) approssimativamente 125 mt inferiore rispetto all’attuale, quindi teoricamente scoprendo un sufficiente tratto del profilo costiero antartico per poterne trarre gli elementi cartografici.

[7] Alfred Pawlik et al., Chronology and ecology of early islanders in the Philippines: The Mindoro Archaeology Project, in “Archaeological Research in Asia”, 42 (2025).

[8] René Thevenin, Les Pays légendaires, Presses universitaires de France, Paris 1946 (traduzione italiana: I paesi leggendari dinanzi alla scienza, Garzanti, Milano 1951), citato in Pinotti pp. 74-78.

[9]  Pinotti, I continenti perduti, pp. 211-216, il quale riporta alcuni termini dal lavoro di Natalia Rosi de Tariffi, nata a Firenze e docente a Caracas, secondo la quale gli Etruschi erano originari delle Ande e quindi parlavano in origine il quechua (Natalia Rosi de Tariffi, América, cuarta dimensión: los Etruscos salieron de los Andes, Monte Avila Editores, 1970).

[10] Per l’etimologia e l’origine non-etrusca di Vulcanus devo rimandare al mio Vulcano, il Fuoco generatore, Edizioni Simmetria, Roma 2024.

[11] Sacred City of Caral-Supe, sito dell’UNESCO, https://whc.unesco.org/en/list/1269 (consultato 28/06/2025).

[12] L’obelisco lateranense di Roma ha un peso stimato di 550 tonnellate, per avere un’idea precisa.

[13] Roberto Pinotti, I continenti perduti, Mondadori, Milano 1995, Capitolo VIII, “Atlantide: verso la sua riscoperta”, pp. 229-237; segnalo il testo del Pinotti in quanto riporta integralmente nel Capitolo I i testi platonici, evitando così al lettore interessato di cercare le due opere. Dal novero ho escluso gli scrittori che hanno parlato di Atlantide tra l’età di Platone e la fine del Medioevo, tra cui Aristotele, discepolo di Platone, il quale ne disconosceva l’esistenza reale, Plinio il Vecchio, Strabone, Tertulliano, Ammiano Marcellino, i filosofi Proclo e Porfirio, Diodoro Siculo e Filone d’Alessandria.

[14] Pinotti, I continenti perduti, Capitolo V, ”Atlantide: i dati biologici e antropologici”.

[15] Pinotti, I continenti perduti, pp. 89-95.

[16] Pinotti, I continenti perduti, Capitolo IV, “Atlantide: i dati geologici e oceanografici”.

[17] L’esistenza di un rapporto fra scioglimento del ghiaccio e attivazione del vulcanismo è stata recentemente avanzata dal geologo Pablo Moreno-Yaeger nella Conferenza Goldschmidt di Praga delle Società di Geologia Luglio 2025 (https://conf.goldschmidt.info/goldschmidt/2025/meetingapp.cgi/Home/0). Dello sprofondamento del ghiacciaio della Laurentide nell’Atlantico settentrionale ho già detto in Roma prima di Roma, Edizioni Simmetria, Roma 20162, Appendice II.

[18] Pinotti, I continenti perduti, pp. 180-196, il quale mette in rapporto la caduta di questo corpo celeste su Atlantide con eventi astronomici registrati in Egitto circa nel 1230-1225 a.C. sotto il regno del Faraone Merenptah e che avrebbe causato la migrazioni di quegli invasori conosciuti come “i Popoli del Mare”. Alcune frasi incise sulle pareti del tempio di Ramesse III a Medinet Habu potrebbero essere interpretate in questo senso: “… [il Faraone si adira] così come si adira Seth abbattendo il nemico di fronte alla barca solare, calpestando terre piane e terre montagnose, (che sono) abbattute, colpite in gran quantità (?) di fronte ai suoi cavalli. Il suo alito ardente brucia le loro membra come una fiamma … queste nazioni sono venute dalla loro terra, dalle isole in mezzo al mare” (Alberto Elli, Le guerre di Ramesse III, traduzione commento grammaticale dal tempio di Medinet Habu, in “Mediterraneo antico” online, Speciale 12/2016, p. 81 e p. 90). Il più recente caso di un evento del genere accertato dagli astronomi è accaduto nel 2024, quando un corpo celeste (cometa? meteorite?) è precipitato nell’Atlantico senza recare danni (documentazione INAF, https://www.media.inaf.it/2024/05/23/bolide-nellatlantico-forse-di-natura-cometaria/#:~:text=Il%20perielio%20di%20quest%27orbita,sarebbe%20finito%20nell%27Oceano%20Atlantico, consultato 09/07/2025).

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