Le Stigmate
Premessa
Nell’ottocentesimo anniversario delle Stigmate di San Francesco apriamo questo centro che succede a quello storico di Via Grazioli Lante, da dove oltre 50 anni fa sono partite le idee, i progetti e poi le attività di Simmetria.
Benvenuti perciò nella nuova sede romana del Simmetria Istitute, cioè nel nostro piccolo circolo letterario o se preferite salotto culturale, che inizia oggi la sua attività ed è ancora “in formazione” rispetto alla sede di Attigliano, con una accoglienza ovviamente molto più familiare e limitata.
Iniziamo le nostre attività con la partecipazione del nostro vecchio amico, compagno di studi e ricerche dott. Paolo Galiano, che appartiene come me alla generazione di “coloro che c’erano” cioè quegli esseri strani che hanno vissuto e conosciuto persone e fatti legati alla tradizione, di cui in genere si straparla per “sentito dire”. Qualcuno direbbe gli ultimi “testimoni di un’epoca” e di un modo di essere e relazionarsi totalmente scomparso (e se vogliamo parlare di date possiamo dire il mondo sopravvissuto all’ultima guerra mondiale).
Gente che ha toccato, esperito e conosciuto gli eredi di un collegamento reale con il senso del mito, del rito, dei cosidetti “principi” in un universo libero dall’assalto delle “I.A.”, dal pressing mediatico, dal frastuono caotico della “finanza”, madre di ogni psicotica ed egoica barbarie intellettuale, di ogni invasione ed esportazione di “democrazie”, di ogni strage, della mancanza di armonia, poesia ed amore.
E questa esperienza consente di fare confronti. Pesantissimi e scoraggianti confronti perché i tempi si sono ristretti e deformati e parlare di qualcosa di sconosciuto, senza enfasi, senza rimpianti e con poche speranze, è spiacevole sia per chi parla che per chi ascolta, in quanto in pochi anni sono stati sepolti millenni si storia. Ogni 10 anni ogni generazione si allontana anni luce dalla precedente scavando un abisso di differenze percettive, etiche, filosofiche, politiche; diaframmi ormai insuperabili a causa di esperienze totalmente divergenti. Inconciliabili perchè contestualizzate in “mondi” spaventosamente diversi. Un mondo virtuale ha sostituito un mondo privo di mediazioni e virtualità tecnologiche. E questo è un evento che non ha paragoni nella storia umana.
I “signa”, le tracce, i simboli e perciò stigmate che caratterizzano questi mondi sempre più lontani sono evidenti. E perciò cercheremo di comprendere il senso di questi solchi che caratterizzano non solo l’esperienza di uomini straordinari come Francesco o altri ma intere epoche e vissuti. Doveva essere con noi anche Padre Alessandro Partini (o.s.m), figlio ben conosciuto di donna Anna Maria Partini, nostra straordinaria collaboratrice da 60 anni, scomparsa di recente. Ma ci ha promesso che invierà un estratto che aggiungeremo a queste relazioni.
Grazie al dott. Paolo Galiano, in questa sede abbiamo oggi esposto una notevole quantità di libri di alchimia ed ermetismo da noi pubblicati. Di questi volumi ce ne sono solo due con la mia firma, poi ce ne è uno di Massimo Marra, uno del prof. Nuccio D’Anna. Diciamo perciò che buona parte dei testi sono appunto di Galiano e sono riservati principalmente all'alchimia francescana di cui lui vi parlerà molto meglio di me.
Ma della“chimica” derivata dalle ricerche scientifiche dei monaci che hanno proseguito l’opera di Elia e di Francesco, nonostante ormai siano state pubblicate molte cose, c’è rimasta una bibliografia assai scarna e Paolo Galiano ce ne spiegherà lo spiacevole perché.
L’alchimia “ufficiale” nasce proprio con san Francesco e all’interno di un linguaggio “cattolico” anche se alcuni non amano sentirne parlare… Non parliamo dei personaggi isolati che si sono occupati della trasformazione della materia, dei grandi filosofi della “medicina universale”, che costellano il viaggio dell’uomo: dall’Egitto, agli Assiri, alla Cina,ecc. Ma di una sistematicità con cui il lavoro sul mondo e sull’uomo si collega con il mondo celeste in alveo cristiano. Questa è opera dei francescani più che mai rappresentati dai “segni” di riconoscimento che in una omologia metafisica mi permetto di chiamare stigmate.
Ultimo arrivato nelle nostre pubblicazioni, tra i cercatori-alchimisti francescani è Frate Ulmanno. Io non ne conoscevo assolutamente l’esistenza ma Paolo Galiano, questa sera ci parlerà proprio di lui. E’ partito da una traduzione dell’originale tedesco di 600 anni fa, ed è stata una cosa assai impegnativa decifrarla in quanto l’assoluta assenza di virgole nel testo e molte parole desuete l’hanno resa oltremodo problematica. Dico con entusiasmo al dott. Galiano che ne è valsa la pena. Ulmanno è una miniera di informazioni che rischiava di restare sepolto in Italia ancora per qualche secolo.
Cosa sono le stigmate?
Teologicamente le stigmate hanno avuto tanti significati, e non parlo solo di semiologia, (stimma, stigma, stigmate).
Sono comunque un sigillo,un segno.
Il segnare con forza, il marchiare a fuoco, quindi il lasciare una traccia indelebile, un segno sopra la carne è una eredità degli allevatori per “ri-conoscere” le mandrie. Tale abitudine ha lasciato delle consuetudini decisamente brutali che ci hanno inseguito nei secoli.
Ma la “signatura” è anche una firma, un segno di distinzione e anche di protezione effettuata dall’”alto” per preservare alcuni dalla morte. Terribile a dirsi ma direi che in alcuni casi può essere equiparato, nel bene e nel male, a una specie…di vaccino.
Essere stigmatizzato molto spesso può assumere un significato molto aggressivo, terribilmente negativo. Difficilmente qualcuno va a cercare questa esperienza, fra i santi o fra gli uomini comuni. Colui che è segnato per essere additato come elemento da esorcizzare, da allontanare, da buttare fuori dalla comunità e così via, in genere non ha scelto di esserlo.
In alveo cristiano l'elemento a stigmate è un fatto religioso ma io cercherò di parlarne un poco anche a livello ermetico e metafisico.
Il primo stigmatizzato nella storia cristiana è evidentemente il Cristo nonostante la storia ebraica ci parli di tanti esempi di “segnature”.
Ciò vuol dire che l’essere crocifisso equivale ad essere segnato in determinati punti del corpo in corrispondenza degli assi della croce. Sulla croce e sul suo simbolismo rimando ovviamente alla bellissima opera di René Guénon e anche al mio Misteri e simboli della Croce.
Dal simbolismo della croce e dai bestiari che ne derivano ha origine buona parte del simbolismo ermetico medievale e diciamo anche una gran parte del lessico alchemico in relazione agli elementi formatori (acqua, fuoco, terra e aria e “etere”) che consentono il compimento dell’Opera.
Vorrei ricordare che la segnatura del Cristo avviene sulle mani, sui piedi (a volte sovrapposti, a volte separati) sulla testa e sul cuore.
Tra tutte queste ferite, a volte profonde, così come vengono rappresentate nella storia o mito-storia del cristianesimo, esce del sangue che nella maggior parte delle raffigurazioni non si ferma sulle piaghe.
Da questi punti particolari, che possono essere quattro, cinque o sei, esiste una pervasione del sangue (o, se lo vogliamo vedere in senso più alchemico, di un liquido vitale rosso) che scende lungo il corpo, cammina quindi lungo l'asse verticale della croce.
Consideriamo che il corpo del Cristo viene normalmente inserito (vedi gli studi di geometria sacra e il mio Ritmi e Riti V. ediz Simmetria 2024) lungo la navata centrale della chiesa e le braccia si estendono nelle navate laterali oppure lungo il transetto. Tale dislocazione, che richiama le ricerche di De Lubicz sul tempio egizio, rispetta una geometria metafisica che troviamo esplicitata dai costruttori di cattedrali e, ancor prima da grandi mistici come Santa Hildegarda o San Bernardino.
In alcuni casi tardo medievali della storia cristiana il sangue viene raccolto nella famosa coppa graalica e quindi da questo derivano tanti collegamenti col simbolismo della messa, col sacrificio, col cavalierato, con la medicina Dei, ecc.ecc. In altri casi (vedi la storia di Santa Prassede dove il sangue dei Martiri”, al di là delle leggende agiografiche viene raccolto in un pozzo-lago che alimenta lo spirito della comunità).
Tale sangue, mescolato ad acqua, è una medicina colossale, una medicina universale, stupefacente, frutto della carne e del sangue e col passare dei secoli caricherà di sé buona parte dell’alchimia medievale e anche del senso religioso del sacrificio cristiano.
Rappresentato in maniera magnifica nella basilica di San Clemente a Roma, questo sangue, al centro dell’abside scende lungo la croce e, spargendosi al suolo da luogo ai famosi quattro fiumi.
Quattro fiumi di sangue che praticamente dividono la terra in quarti,in quartieri.
Questa rappresentazione simbolica ripete la partizione ritmo-geometrica, caratteristica della fondazione della città, del Tempio arcaico ecc, che ritroviamo sia nell'ambito della architettura sacra pagana che cristiana.(cfr. Ritmi e Riti, Claudio Lanzi Simmetria V. ed. 2024).
La divisione in quartieri, in quarti definisce in alto la croce dell’abside di San Clemente, cioè l'elemento elevato e, in basso, si ripete sul Golgota- cranio-mondo. Questa impostazione sacralizza il lucus, determina la possibilità di celebrare il rito in funzione delle levate eliache equinoziali e solstiziali, incide stigmate di luce nei pavimenti delle cattedrali, contrassegna, con la sapienza dei Cosmati, la ritmica processionaria pavimentale.
E la croce, elevata, porta il corpo del Cristo (disteso inizialmente in terra per esse “fissato” e stigmatizzato attraverso i chiodi) ad essere sollevato e posto in verticale quale perenne axis mundi.
Una volta elevato abbiamo dunque l’ostensione, l'elevazione del Cristo e della croce e l’esposizione dei punti (cardinali) dove compaiono le stigmate ancora coperte dai chiodi e dalla corona e quelle della trafittura del cuore.
Quindi il quaternario, la croce, ovvero il crogiolo, è finalmente disposto in verticale e si perpetua e diffonde in orizzontale attraverso la partizione dei quattro fiumi.
Le stigmate, in tale ottica, cominciano ad assumere un significato immenso, pervasivo e che ha avuto appunto enorme importanza sia nell'alchimia cristiana, ripresa a livello pre-rinascimentale da autori che poi tanto cristiani non erano, a volte molto più vicini al protestantesimo come gli esponenti della mistica renana (Suso, Echkart, Tauler).
Tutta questa serie di fermenti mistico-ermeticiche contraddistinguono spesso gli ordini monacensi (a partire appunto dai Francescani) insistono sugli aspetti contemplativi dell’ascesi, partendo dalla esaltazione del cuore di Gesù,che trova un precedente parallelo nella chiesa esicasta bizantina. Sulla liturgia del cuore e su alcune applicazioni geometrico architettoniche (cfr. La porta ermetica di Rivodutri di A.M. Partini C. Lanzi, edizioni Mediterranee)
La preghiera del cuore, che non si limita ad un contesto mistico ma si apre verso forme di “gnosi ascetica” di cui parlano tutti i grandi maestri d’Oriente e d’Occidente, nell'Occidente diventa l'adorazione del cuore e entrambe le forme compaiono sia nella iconografia che nelle liturgie cristiane. Da queste si estendono alle confraternite laiche e religiose e, ovviamente all’universo ermetico-alchemico che nel frattempo si era diffuso in Europa. Ne abbiamo parlato col professor Montanari l'ultima volta che è venuto a trovarci in Fondazione e in cui abbiamo approfondito proprio le tante variazioni della preghiera del cuore.
La mistica del cuore (stigmatizzato dalla presenza della corona di spine e dalla ferita della lancia di Longino) si sviluppa localmente in Oriente, sia propriamente greco come bizantino-slavo, con due determinate ritmiche giaculatorie del nome di Gesù (trasmessa inizialmente per via “iniziatica” e poi diventata patrimonio comune della chiesa Russa). In Occidente la meditazione sul cuore è un po’ diversa ma rientra efficacemente nella stessa modalità ascetica attraverso le litanie che, alla fine, adottano un sistema ritmico analogo.
Ritorniamo dunque ai quattro fiumi e al crogiolo.
Con un minimo di riflessione capiamo che essere “pestati” nel crogiolo o “fissati” nella “croce”, equivale ad una estrazione di sangue che ha caratteristiche salvifiche. È evidente che se usciamo dal discorso meta-simbolico tutto ciò sembra un invito al masochismo. Ed è qui che, a mio avviso, cadono tutti coloro che si fermano di fronte all’aspetto devozionale, considerato bigotto, e non percepiscono l’abisso misterico che si apre innanzi a loro.
Ma forse bisogna ribadire che, nel simbolismo cristiano ermetico, l'elemento principale, cioè il Cristo, viene pestato e stigmatizzato per la “salvezza” degli uomini e che questo “pestaggio” è…parte dell’Opera. Per cui chi cerca attraverso l’imitatio Christi, una via di salvezza dovrebbe essere consapevole di tale aspetto che porta alla morte di se stessi e al sacrificio dell’”io” in funzione della elevazione, trasmutazione e risurrezione dell’elemento trascendente.
Non si tratta solo di un’ascesi ma di un apparente abbandono della “conoscenza” per aprire la strada al trionfo della “coscienza”. E, per tornare al discorso precedente, la conoscenza è opera dell’ io” e del mentale, la coscienza riguarda il “cuore”.
La conoscenza come elemento di analisi logica di sé viene, per così dire sotterrata dalla coscienza come elemento d'esperienza di sé.
Prima di andare avanti dovremmo forse dire alcune cose sull’inflazione di falsi o presunti stigmatizzati che in questo secolo invadono l’Occidente proponendosi quali profeti quando non taumaturghi e raccontando di se stessi e dei loro “contatti” con cose transumane. Ma non lo farò in quanto tutto ciò fa parte di un corpus, direi quasi un pacchetto digitalizzato che si somma alle infinità di proiezioni filmiche che invadono il pianeta per rimbecillire il prossimo più di quanto non lo sia già. Tutto serve all’addormentamento delle masse: Funziona bene e quindi basti solo questo accenno. Ricordo mio zio (Tino Menozzi) che negli anni ‘40-‘50, faceva delle ricerche sulle bugie clamorose di alcuni esponenti limitrofi allo“spiritismo”e quelle dei profeti fasulli (che stranamente si scambiavano i ruoli), nell’ambito dell'Istituto Italiano di Metapsichica. Mio zio scoprì un sacco di impostori e poi smise, perché sosteneva che non ne valeva la pena e che la cosiddetta scienza, spacciandosi per tale, spesso crea più imposture dei falsi profeti.
Ma attraverso la suggestione ipnotica, singola o di massa, organizzata e pilotata tramite tutti i trucchi a disposizione, promossa dalla diffusione di oggetti di controllo come gli strumenti di comunicazione digitali, si possono creare ambienti virtuali e deformazioni di percezione tali che possono far credere qualsiasi impostura. In questo modo il falso può sovrapporsi all’autentico, alla tradizione stessa e proporre assurdità simili a accadimenti reali.
Se dalle imposture moderne passiamo alla religiosità e alla mitologia arcaica, ci accorgeremo però che esistono ferite e stigmate autentiche nella mito-storia di ogni popolo.
Non imbrogli ma segnature irreparabili dense di significati.
Magari vengono rappresentati come ricordo perenne di un qualcosa di fatto o di non fatto e che resti quale ammonimento dell'eroe o del santo o del dio (sia che abbia compiuto un atto sacrilego come un salto in un angolo di infinito prossimo all’ineffabile, all’Assoluto). A costui vengono a volte impresse delle stigmate, ferite impresse per sempre o provvisorie. Le ferite- stigmate, sotto un certo aspetto, danno luogo a una deformazione o a una sofferenza irreparabile del corpo.
Basti pensare a Vulcano, a Prometeo, tutti personaggi che per una ragione particolare collegata ai destini dell’Uomo, subiscono una deformazione, un dolore, una fissazione di una ferita che diventa una memoria, un monito e un sigillo.
Per cui il fenomeno fisico che si perpetua nel corpo, non si limita a essere soltanto una traccia fisica, ma diventa una trafittura spirituale che possiede un valore iniziatico o celeste.
Classica è l’esperienza “solare” degli Indiani d’America, artigliati da un aquila e collegati alla ruota che gira intorno all’asse dell’Universo. Esperienza che lascia delle ferite che restano per sempre.
Senza voler fare paragoni impropri, credo che sia assai limitante confinare l’esperienza della passione cristica nella tortura e nella assunzione del dolore e del peccato in quanto, a nostro avviso, questo aspetto rappresenta solo una parte del colossale senso misterico delle stigmate.
Per contro, viene facile pensare alle tante “tracciature-tatuaggi” diventati motivo emblematico, modaiolo ed estetico di “appartenenza”. Anche esse hanno rappresentato una simulazione del senso iniziatico del sigillo e creano suggestioni banali e qualunquistiche nella esposizione del corpo.
La ferita in se, che sia autoprovocata o inferta dal “nemico” ha comunque una collocazione dimostrativa. Questo vale per qualsiasi traccia imposta. Il miles gloriosus di Plauto cerca, a dimostrazione della Gloria e della Fama di mostrare ferite che non ha ed ecco che la traccia dolorosa mostra la battaglia immaginaria, mostra l'iniziazione alla guerra insomma il superamento della paura della morte e forse…la morte stessa.
Anche nella mistica cristiana le ferite e le stigmate mostrano la lunga guerra nel crogiolo e nell’Atanor mistico. Le prima fase rappresenta sopratutto la lotta con i demoni. La seconda l’incontro col dolore Cristico che è anche “dolore cosmico” e l’equiparazione del percorso ascetico a quello sul Calvario.
Non voglio fare esempi particolari di persone che ho conosciuto e che hanno subito una tipologia o entrambe le tipologie di “segni”, perché in realtà ne ho conosciute solo due degne di fede.
Però ho ascoltato tante storie su tale argomento. Storie di persone che ne hanno avuto esperienza reale.
Per tale ragione mi permetto di credere che una autentica disciplina ascetica può portare la coscienza a dilatarsi fino ad entrare in contatto con dimensioni altre, dove la trasmutazione di anima spirito e corpo diventano realmente possibili (sia nel bene che nel male).
Mi rifaccio ad un film giapponese che non c'entra niente con i francescani e con San Francesco e che è “Morte di un maestro del tè”. Tale film c’entra con la morte e sopratutto con la morte dell’io”.
In uno degli ultimi episodi si vede un samurai che, ad imitazione di Toshiro Myfune (che è l’attore protagonista), opera una simulazione di seppuku (suicidio tramite harakiri). Il samurai non aveva katana o wakizashi per uccidersi in quanto era a letto malato. Non aveva alla spalle nessun assistente per il taglio della testa. Ma semplicemente si uccide attraverso, oserei dire, una stigmatizzazione sia del gesto che dell’effetto del gesto, una simulazione magica così potente che ottiene l’effetto desiderato. Il samurai muore. In realtà la spada è l'elemento più sottile che esista nella storia dell’Oriente giapponese. Alla fine questo oggetto invisibile, la spada, si trasforma in oggetto reale e di questa ferita muore il samurai, attraversando il mistero sottile ed emblematico della morte. Le ferite di cui morirà saranno ferite “simboliche”, forse invisibili come quelle di cui parlano alcuni santi della storia cristiana. Ma ugualmente mortali.
Comunque sia, usciti dal crogiolo nel quale nascono le stigmate e quindi crocefissi, normalmente non si sta… in perfetta salute, così come, passando attraverso lo squadernamento (come dice Dante Alighieri), l'uomo esce trans-formato, cambia e rinasce, perché se non rinasce vuol dire che l’operazione alchemica non è andata molto bene.
Faccio notare che in molte delle raffigurazioni della stigmatizzazione di Francesco o di altri viene effettuato, con grande intelligenza l'incrocio dei raggi che vanno dal Cristo a colui che ne riceve la luce “dolorosa”. Questa grafica compare spesso nell'ambito della cabala cristiana, dove queste partizioni, queste zone del corpo, dal punto di vista sottile, si relazionano alle parti del corpo fisico degli Dei, dei chakra, delle porte che pongono in relazione i campi diversi dell’Essere. Corpi che vengono trasformati da questo tipo di contatto; cioè il contatto col corpo divino trasforma e traduce nel corpo umano o ancora umano, le stesse proprietà e possibilità del corpo divino.
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