Se noi immaginassimo l’universo in un modo un po’ scientista, prettamente chimico cioè composto di sostanze con un certo numero atomico, un certo numero di protoni, di elettroni ecc, vedremmo che le combinazioni possibili degli elementi presenti in natura sono realmente tante, difficilmente numerabili.
Se a queste aggiungiamo proditoriamente le altrettanto innumerevoli e arcaiche possibilità “alchemiche” di combinazioni di umidità, secchezza e delle variabili di calore e freddo…giungiamo ad un panorama impressionante con una quantità di processi e di risultati possibili non misurabili (per la gioia di Heisenberg). Se poi ritorniamo alla fisica moderna e alla la presenza delle diverse influenze elettromagnetiche, della luce, del buio e di tutte le “presenze” conosciute e non conosciute che vagano nel cosmo multidimensionale, vedremo come la Natura ci mostri spudoratamente e senza sforzo, che le sue possibilità, pur non essendo infinite, sono quanto meno indeterminabili.
Le eliche del DNA, che sembrano spiegare tutto, in realtà lasciano ancora più attoniti. Se tentiamo di scannerizzarle in una megaclassifica che tenga conto dei miliardi di possibilità “frattali” che nascondono, ci sentiamo inadeguati e finiamo per accanirci su quel poco che riusciamo parzialmente a decodificare. Come sempre. Tutta la scienza, la fisica, e anche la matematica assumono come credibili e classificabili alcuni presupposti riducibili in algoritmi. E, partendo da lì, creano teorie. E poi volenti o nolenti, si perdeno in corso d’opera e le contraddicono milioni di volte. Diremmo forse che quelle poche cose che riusciamo a sottoporre ad una indagine sensoriale quantitativa o, quanto peggio, intellettuale, sono troppe per quanto riguarda la capacità classificatoria dell’uomo che, alla fine, giunge a compromessi analogici riduttivi per cercare disperatamente di ordinare il tutto in procedimenti razionalizzabili, o meglio "storicizzabili"..
Per racchiudere tutto l'Universo in scatole e in parametri anche la teologia si dispera, e a volte si accanisce a definire perfino …Dio, cercando di misurarlo nel diametro e in quello che può o non può fare….poverino.
Provate ora ad immaginare come ogni processo fisico o chimico sia (secondo i principi della fisica moderna) influenzato costantemente da chi lo osserva e da come lo osserva. La quantità di possibilità che si presentano a chi tenta di capirci qualcosa appare, a questo punto, spropositata e la mente si spaura di fronte ad un cosmo realmente dominato da quella che Guénon chiamava Possibilità infinita. Al punto che, come già detto, l’uomo riduce, divide per gruppi omogenei, ogni volta che usa una scienza che termini per "logia", esclude gli estremi imbarazzanti delle curve gaussiane, e le verità meno probabili. Si aggrappa così alle leggi di probabilità come elemento unificante e usa la matematica per tranquillizzarsi quasi fosse un surrogato del lexotan.
Ma dobbiamo anche ricordare che, di tutto questo universo spropositato a noi appare una quantità infinitesima (limitata dall’infinitesimo spazio-tempo nel quale siamo coscienti…di essere coscienti o presumiamo di esistere).
Nelle infinite vie del tempo possiamo camminare avanti o indietro considerare il passato come futuro e viceversa. Così come i numeri: possono essere positivi o negativi, razionali o irrazionali. Oscilliamo fra gli estremi di un esistere sconcertante, assolutamente in contrasto con il nostro bisogno di certezze, di appigli certi dimostrabili e veridici, dove invece il tentativo di ricondurre la cosmogonia ad un processo definibile al di fuori del simbolo è assolutamente ridicolo.
Le religioni, nella loro teologia “pratica” (e ovviamente riduttiva) offono un conforto etico, quasi una culla o un utero dove sentirsi sereni nell’attesa di un premio o un castigo. Offrono delle spiegazioni antropomorfiche. Gli Dei o Dio sono rappresentabili. Definibili se non nella forma almeno nella loro sostanza cosmologica. Per questo anche la metafisica quando si avvale del non definito o dell’apofatismo a volte annaspa, tradisce l’angoscia esistenziale di un uomo che non vede, non sente, non ode, non controlla nulla e allora preferisce abbandonarsi tra le braccia della mistica… confidando nell’estasi, reale o immaginata.
Da questo possiamo dedurre che, quando si parla di spagiria o di alchimia ci si riferisce ad un’opera infinitesima rispetto a quella realizzabile in Natura e, sopratutto se leggiamo gli antichi codici alchemici, anche se ci sembrano complicati, in realtà parlano di pesi, di misure e di tempi abbastanza precisi e definiti e la quantità di sostanze messe in gioco sono realmente poche.
E allora perché si parla di Grande Opera?
Ecco uno degli elementi poco studiati dai moderni interpreti dell’alchimia, sopratutto di quella medievale e rinascimentale. In tale Alchimia compare un “moltiplicatore” magico, il vero antesignano di ogni polvere di proiezione che si chiama “Spirito Santo” o Mercurio filosofico.
Questo è forse un grande segreto ma penso proprio che possa esser detto anche perché, alla fine nessuno sa come procurarselo e, quando il cercatore annaspa in questa consapevolezza, ricorre all’alchimia spirituale e riduce il tutto ad un sentire metafisico scordandosi della materia. In realtà, dicono occultamente pochi studiosi della geometrica arcana, quando noi poniamo tanta attenzione in quel famoso “nunc” che contraddistingue la preghiera a Maria, noi possiamo entrare realmente in contatto con lo Spirito ignificato.
Lo Spirito non è una persona, un ente. E’ ….una finestra nell’universo; è una Musica arcana; è colui che apre la finestra; è colui che percepisce il vento che l’attraversa l’universo ed è il vento stesso, il soffio-suono-logos che anima il vortice delle illusioni e che rende eterno ciò che muta. Bello e sconclusionato a dirsi, vero?
Perché ho parlato di singolarità e di finestre? E perché si aprono solo in certi momenti assolutamente imprevedibili?
Queste magiche finestre si aprono quando alcuni eventi umanamente definibili come fisici, psichici o assolutamente animici (per “Dio” non c’è differenza tra l’uno e l’altro) raggiungono degli stati “solstiziali o equinoziali” (leggi il mio Ritmi e Riti, se vi va). Cioè dei punti in cui l’altalena del ciclo delle ripetizioni che i buddisti chiamano karmiche, resta... sospesa in aria: si ferma come in una scena al rallentatore. L’equilibrio delle Grazie, che mai smettono di far fluire l’esistere, ha un punto di singolarità. Si aprono. per così dire, alla umana imperfezione, cambiano passo di danza, cambiano ritmo o forse cambiano dimensione e si manifestano anche in quella umana. Non sto parlando di zodiaco o di cicli cosmici. Sto parlando di ineffabile e lo sto facendo …. in un sito come il nostro, che pretende di avere una credibilità scientifica (alla Piero Angela, pace a lui, per intenderci). Ma io sono ancora il presidente dell'Istituto...e posso permettermelo ancora per un po' di dar credito all'improbabile.
Improvvisamente la singolarità di ciò che è “oltre” la manifestazione ordinaria e oltre ogni logica, buca il tempo e lo spazio. Lo fa quando dice lei, non quando lo dicono il Sole o la Luna o la nostra povera mente. Entra come una lama attraverso il cuore di un amante, attraverso il sacrificio di un eroe o, molto più semplicemente, attraverso l’attenzione estatica di un praticante, attraverso la provocazione verso gli dei, attraverso una sfida della santa morte, attraverso una implosione o una esplosione della coscienza individuale o collettiva.
La mano di una delle Grazie, o di tutte e tre, o quella sublime della Grazia Suprema scende dalle nuvole come nei quadri medievali o rinascimentali e invita ad unirsi alla danza. Beh, come fai ad accorgertene?
Non ci sono cartelli stradali e manco orologi che avvisano di tali “momenti”. C’è la Vigilanza di qualcuno che viene avvisato dalla….Pietà celeste come accade a Serafino di Sarov o a Margherita Porete. Non esiste il crederci o non crederci. E’ un appuntamento che può essere annullato, un secondo prima che avvenga o spostato di mesi, di anni, di secoli. E’ una OCCASIONE. E in genere…la perdono quasi tutti. Alcuni ricordano forse dei giorni in cui si sono aperte alcune singolarità. Alcuni le hanno viste, toccate con mano come San Tommaso ma, poiché erano imbarazzanti, assai spesso se le sono totalmente scordate, ne hanno perduto il senso. Le lacrime di stupore, d’amore o semplice commozione, si sono dissolte nella banalità, si sono perse nella “memoria” storica, sono diventate ricordo sclerotizzato e sono state sommerse dall’abulia e dalla quotidianità del tiramo a campa’.
Insomma, sono… morte. Il seme si è perso nella sabbia e non fruttificherà. Eppure sono segni che precedono l’evento, sono “epifanie” che aprono scenari inediti oltre la Soglia che, se osservati con gli occhi del cuore, creano meraviglia, ardore, spavento, amore e consapevolezza. E’ Kairos… che si diverte a fare casino e, in accordo con Eros lascia cadere qualche penna compassionevole dalle sue ali. A volte non accade assolutamente nulla di “tangibile”. Ma c’è un vento sottile che passa intorno alle coscienze umane per avvisare che si è aperta una finestra dell’anima. Accorgersene non è facile. Bisogna sviluppare le proprie attitudini se uno ce le ha. Ma una cosa è certa: ….chi dorme non se ne accorgerà mai, perché sogna continuamente di essere sveglio, razionale, cosciente e perfino saggio.
Invece a volte questo zefiro (parola magica), questo vento lieve, trasforma le anime e le porta in quel famoso “oltre” da dove il panorama appare nella sua completezza e dove si resta svegli anche quando ci si riposa nel sonno.