Ercole al Bivio (di C. Lanzi)

 

Il Bivio

Tante opere famose come quella mostrata approssimativamente nello schizzo tratto da Raffaello, rappresentano il dramma della scelta fra “Bene” e “Male”, fra Giusto e Ingiusto. Ma questo dilemma ne nasconde infiniti altri che polarizzano la scelta tra la Facilità e Difficoltà, tra Piacere e Sapienza, tra Virtuosamente scomodo o Viziosamente comodo, ecc.

1285 ercole al bivioLa massiccia relativizzazione laicista dell’uno o dell’altro polo fa si che le la direzione filosofica della Via o della Vita da percorrere sia diventata, a partire dai secoli così detti illuministici, sempre più agnostica, probabiistica, oggi alcuni direbbero “fluida”; sorretta dalle mode o dai poteri dominanti che decidono cosa sia lecito o illecito, cosa sia morale o immorale, secondo una logica sempre più “economica” sempre più “scientista”.

L’attendismo e la progressiva disaffezione da qualsiasi canone etico, fa si che gli uomini deleghino sempre più lo “scegliere” ad un “ente terzo” che proponga una dottrina “precotta” e assolva da una dolorosa analisi sulla “qualità” di ciò che si sceglie e si accolli la responsabilità e le conseguenze che ne derivano.

Tale processo dilaga spesso nella psicologia dalla quale molti aspettano prima di tutto la “spiegazione” e poi quella “assoluzione” che la religione magari non è più in grado di dare e l’individuazione di un capro espiatorio (madre, padre, infanzia, scuola ecc) libera dalle responsabilità. Tutti colpevoli… escluso noi. Per cui nessuno fa realmente del male ma tutti hanno fatto “quello che potevano fare” in quel momento e in quelle circostanze. Comodo eh?.

A nostro avviso, a livello sociopolitico questo spiega efficacemente sia la totale disaffezione dalle elezioni dove nessuno crede più che qualcuno scelga e decida in base ad un etica realmente sentita. Nessuno crede al disinteresse dei politici e dei giudici dai finanzieri e viceversa; per cui, in pratica, la fiducia nelle aule di giustizia è piombata ai minimi storici e altrettanto dicasi di quella nei partiti. Viceversa l’assoluta indifferenza nei confronti dell’efferatezza anzi a volte il “compiacimento vojeristico” a cercare la sofferenza o il godimento degli altri (vedi lo schifo presente nel web) mostra la crescita esponenziale di un cinismo di fondo e di un disprezzo per il cosidetto prossimo.

La scelta consapevole

La sovrapposizione tra reale e virtuale in questo abisso digitalizzato dove annaspiamo sia noi che i nostri figli, semplifica quando non abbatte il problema della scelta, enfatizzando la morbosità e la ricerca di effetti derimenti, che incuriosiscano la sensibilità umana sempre più assopita e perciò bisognosa di grandi scosse emozionali per avere un briciolo di reazione decisionale.

Tipici, appunto, sono gli esempi di coloro che producono “video” di scene di violenza o di turpitudine e ottengono incredibili ascolti e “like” “virali. Alla faccia dell’etica.

Il continuo inseguimento del parossismo emozionale spinge ad infrangere tutte le barriere (considerate simpaticamente “tabù” repressivi, per illudersi…di esser vivi, forse di “esistere” al di la della quescienza coscenziale, garantita da uno schermo, dove il virtuale sostituisce il reale e soddisfa i bisogno di perversioni di ogni tipo, facili da raggiungere, senza muovere il sedere da una sedia. Che differenza c’è con l’assunzione di sostanze enteogene, con droghe di qualsiasi genere? Forse non molta.

Faccio un esempio banale, senza scomodare le migliaia di filosofi che hanno parlato dell’etica in tutte le sue forme e in tutti i tempi.

Se tu mi spingessi in un burrone dove mi dovessi ferire e spaccare le ossa, sarei piuttosto arrabbiato e riterrei che tu abbia volutamente scelto di farmi del male. Ma se io avessi guardato dietro di me, avrei visto una tigre enorme che stava per assalirmi e avrei capito che tu hai scelto quello che ritenevi il male minore per me. E se avessi guardato ancora più lontano avrei visto che un cacciatore stava per uccidere la tigre che sarebbe morta prima di assalirmi. Ovviamente la tua scelta in questo caso mi sarebbe di nuovo sembrata infelice anche se non responsabile. E potremmo seguitare all’infinito e il mio giudizio modificarsi man mano che la mia conoscenza dei fatti e dell’ambiente diventasse più vasta.

Se però improvvisamente mi trovassi in un mondo in cui non riesco più a capire se la tigre è reale o virtuale, il cacciatore virtuale o reale, e lo stesso burrone virtuale o reale, la cosa si complicherebbe e lo scegliere naufragherebbe nella rete di “matrix” e dei multiversi cibernetici. E precipiterei in un dubbio paralizzante dove tutto è uguale a tutto e dove è facile lasciarsi scegliere.

Tale problema diluisce la “colpa” vera o presunta in un oceano di fluide possibilità e mescola la colpa, al desiderio, alla paura, al pregiudizio, all’orgoglio, al bisogno, alla necessità ecc. ecc. La filosofia buddista, l’esichia cristiana e tutte le religiosità arcaiche hanno tentato di risolvere il problema con consigli, con dogmi, con filosofie, con pratiche di meditazione e ascesi, con panorami religiosi post mortem di salvezza o dannazione.

Ma aprire la porta della scelta consapevole è un atto che riguarda sia chi sceglie che chi viene scelto e le conseguenze sono imponderabili sia per i soggetti direttamente collegati alla prima scelta che per un universo di esseri animati e inanimati che circondano l’evento e che in un modo o in un altro vengono coinvolti (o travolti) dalla scelta iniziale di un solo individuo.

Tutte le scelte perciò, nonostante la razionalità e l’analisi probabilistica a cui possono essere sottoposte dalle intelligenze umane (o peggio) artificiali, si affacciano sul buio in quanto le conseguenze di ogni passo sono pressoché infinite, sia quelle ponderabili che quelle invisibili (1)

Il “Bene” e il “Male”

Forti di questa scoraggiante premessa, della quale non sono affatto fiero e che, del resto, è razionalmente contestabile in molti modi, arriviamo al problema di come scegliere di fare il bene, o meglio di non fare il male.

Abbiamo tanti “livelli” di bene e di male, razionalmente qualificabili e irrazionalmente percepibili (per alcuni). Livelli che coinvolgono egoicamente le nostre attese personali, i nostri desideri, le nostre paure, l’etica, l’estetica. Per non parlare dei canoni religiosi e delle legislazioni sociali. La scelta tra bene e male dovrebbe essere “oggettiva”. Ma mica è facile.

Un esempio che faccio spesso durante le mie conversazioni pubbliche è quello dei due eserciti nemici che si lanciano missili.

Per uno è bene quando il suo missile colpisce l’avversario mentre per l’altro è ovviamente male. E viceversa.

Ora il problema del bivio (quando non si tratti di un trivio o… un quadrivio) invade qualsiasi istante della vita e, anche se ciò può sembrare assurdo, solo la disattenzione, la superficialità e un briciolo di incoscienza, consentono l’azione.

Per gli ossessionati dai codici binari possiamo dire che ogni istante delle vita è composto da un numero indefinito di “clik” con i quali facciamo accadere una cosa o un’altra, usiamo una parola o un’altra, un tono o un altro, un respiro o un’altro, un gesto o un’altro e così via per migliaia, milioni di microdecisioni o scelte consapevoli o inconsapevoli, razionali o istintuali che caratterizzano il divenire, istante per istante.

Parlare perciò di “scelte definitive”, idee definitive, orizzonti definitivi è una potente compressione alla quale sottoponiamo sensi, volontà, panorama ideale, tentativi, campo di indagine ecc. ecc. Una scelta definitiva vuol dire anche chiudere gli occhi su infiniti paramentri possibili diversi da quelli analizzati. E’ una semplificazione drastica del problema.

Tale compressione di cui non possiamo conoscere le conseguenze, è del resto indispensabile al “vivere ed esperire” quotidiano. L’assenza di tale “compressione” renderebbe vana ogni scelta in quanto ad ogni decisione si potrebbero affiancare centinaia di ripensamenti, pentimenti, marce indietro. Una ponderazione programmata “totale” di ogni azione (qualora fosse realmente possibile) porterebbe alla paralisi dell’azione stessa, in quanto i parametri da prendere in esame sarebbero infiniti e, ognuno di questi, vincolato a sua volta alla convenienza, alla opportunità, alla valutazione morale, ecc. ecc.

Maggiori sono gli imput per “misurare” e “valutare” più la decisione è difficile e a volte drammatica se non impossibile.

Mi permetto di insistere con un altro esempio:

Il dubbio e la fede

In mezzo ad un deserto nebbioso, senza bussola, senza riferimenti, puoi solo decidere se camminare o star fermo: se cercare di vivere o morire, oppure se cercare una dimensione, un riferimento una verità che non sia fuori ma dentro di te, al di la della assoluta assenza di riferimenti e stimoli sensibili. Non c’è meta, non ci sono sensazioni o segnali. Dovunque tu vada o qualsiasi cosa tu faccia non sai assolutamente dove arriverai, né dove sei. E forse chiederai aiuto a Dio o a qualcosa di ineffabile che possa aiutarti a sopravvivere. Oppure, assai più spesso. sarai preso da sconforto o da angoscia.

Se ti perdi in mezzo ad una città sconosciuta, ma piena di strade, persone, indicazioni, negozi, traffico, hai migliaia di stimoli per prendere decisioni in base alle tue sensazioni, alle tue idee, alle tue paure, ai tuoi desideri. Alla fine la decisione che prenderai non sarà molto diversa da quella nel deserto salvo che tu non sappia già dove vuoi andare e quali sono le strade per arrivarci. In quel caso cercherai riferimenti e confronti col tuo vissuto per raggiungere una “meta” conosciuta o comunque assegnata e non ti domanderai se è giusto o meno o se potevi far meglio.

Ma se nessuno ti ha indicato le strade giuste sarai ugualmente in preda all’ansia e all’angoscia e chiederai aiuto a qualcuno, in genere a qualche tuo simile o allo stesso “Dio” che hai cercato nel deserto.

Quale è la differenza?

Anche se sembrano situazioni opposte sarà comunque necessaria una “fede”, un affidamento (all’intuito, alla ragione o al consiglio di qualcuno o qualcosa di umano o sovrumano). La scelta deriva appunto da questo affidamento.

E’ interessante osservare come queste situazioni accomunano i disagi onirici di qualsiasi uomo. Quasi tutti sognano l’angoscia del dubbio (la strada smarrita o difficoltosa, l’assenza di indicazioni, l’incertezza o in mezzo al deserto o in mezzo a mille proposte e mille ipotesi).

Accade però, sempre più spesso, che nonostante lo scientismo imperante per “sbloccare” il dubbio, ci si affidi al sistema mediatico che propone la superstizione scientifica di massa ( o se preferite la “opinione corrente”.

Come sappiamo tutti questo fenomeno ha assunto ormai proporzioni gigantesche grazie al web dove alcuni soloni (sempre gli stessi), sponsorizzati dai grandi circuiti multinazionali e diffusi, dai circuiti mediatici (sempre ad usum delphini), sostituiscono… alla fede religiosa ipotesi cosiddette scientifiche, proclamate con enfasi dogmatica attraverso i cosiddetti “protocolli”.

Ora essendo stato io stesso un vecchio studioso e realizzatore di protocolli so benissimo quanto gli stessi possano essere autoreferenti e proclamare “verità di comodo”, vangeli scientifici che soddisfano qualche forma di potere o creano “opinione” e movimenti fideisticamente agguerriti dove il primo comandamento è “non avrai altra opinione scientifica fuori della mia”.

Quando ero giovane, celebre era il calembour messianico “lo hanno detto in televisione”.

Neanche ai tempi di Galileo esisteva una spocchia teologico-scientifica di questa portata e la mia generazione ne è responsabile.

”Protocolli” infiniti (milioni di pagine e algoritmi che stabiliscono statisticamente, quali sono le cure adatte ad una epidemia, quali sono le cure adatte all’ambiente, se c’è in arrivo la siccità o la glaciazione, ecc. ecc.. In un proliferare strumentalmente tossico di teorie “geopolitiche” che hanno ben poco di scientifico ma molto di economico.

Del resto questa colossale operazione che invade il residuo di vita “libera” che ci rimane, sta producendo miriadi di oppositori, spesso più fanatici ed enfatici dei propalatori delle “verità ufficiali”.

Il che alimenta il brodo primordiale delle incertezze e crea un processo autodistruttivo ormai incontrollabile.

Nel frattempo stiamo perdendo i medici che sapevano sentire il polso di un paziente, gli ingegneri che sapevano impastare il cemento con le loro mani, i contadini che sapevano usare i semi geneticamente non modificati e gli insegnanti liberi dai protocolli.

Ma comunque cari miei, si deve scegliere. La Via è piena Rubiconi e ognuno di noi deve essere Cesare almeno mille volte al giorno. Alcuni…non si pentono mai delle scelte fatte, altri si pentono sempre, altri se le portano dietro come macigni.

Scegliere perciò è una condanna.

Ce lo ricorda il Genesi dove la scelta è connessa al desiderio e al peccato e dove la famosa mela diventa pomo di discordia e vergogna e provoca la separazione da un “paradiso” dove non era assolutamente necessario scegliere.

Tale mela, come ben sappiamo sarà antesignana di tante altre mele causa di discordia, di dramma e di morte. Da quella di Paride che assegnà ad Elena un trono assai dubbio, fino a quella di Biancaneve che avvelenerà la povera fanciulla in attesa di un Principe che la liberi e la assolva dalla scelta scellerata.

Semplificando, per lo spazio di un breve articolo come questo, possiamo dire che la scelta può diventare sia un motivo di perdizione (la conoscenza discriminante ma separativa) come un motivo di riscatto e salvezza (la conoscenza diventata Coscienza).

Beh questo è forse il cammino del filosofo, dell’ermetista, del cercatore che parte dal bisogno di “risolvere” il dubbio.

E il dubbio, ripeto forse, è il Padre della Conoscenza ma anche la turbativa della Coscienza.

(1)    La “pseudo scienza”, che immagina di poter chiudere le scelte in un’insieme di algoritmi in cui la stessa mente umana può confinare i parametri decisionali, è, a nostro avviso, una colossale illusione, a nostro avviso assolutamente in malafede. Infatti qualsiasi operazione probabilistica non può svolgersi attraverso operazioni tra “infiniti” o tra “indeterminati”. Ne deriva un caos insondabile oppure un imprigionamento delle possibilità in un universo meccanico computerizzato, programmato apposta per imprigionare la volontà e la scelta dentro parametri limitat, programmati “ad usum delphini” e escludendo la libertà e la contraddizione. Diciamo una specie di gabbia dove tutte le scelte sono “obbilgate” e limitate dal “programma”. Dunque il problema della scelta su cui sono anche io infelicemente entrato in alcuni dei testi che ho “scelto” (sic) di pubblicare è drammatico ( vedi L’Anima Errante). Il più drammatico per chi decide di cercare consapevolmente la Via e la Verità.

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