Quello di Adolphe Levée è un nome forse non noto nel nostro Paese. Per molto tempo non lo è stato neppure nella sua terra di origine e di vita: la Francia. Finché, circa tre lustri fa, non apparve un volume presentato da Gilbert Ganne. Ganne (1919-2010) è stato un famosissimo giornalista, critico letterario e scrittore, insignito di innumerevoli onorificenze e apprezzato in modo particolare per le sue interviste ai più celebri scrittori ed artisti francesi della seconda metà del Novecento.
Il libro in questione, però, spiazzava un po’ i suoi consueti lettori, perché la persona incontrata questa volta dal giornalista, non solo non era una personaggio sotto i riflettori, ma era…un monaco! Sì, Adolphe Levée era il nome di nascita di Frère Élie (1911-1991), monaco trappista della Grande Trappe di Soligny, nella regione della Bassa Normandia, dove Ganne si era recato a metà degli anni Settanta dello scorso secolo durante una inchiesta sulla vita monastica. Era stato rapidamente conquistato dalla figura di questo contemplativo <<piccolo e magro, i cui occhi ben stretti dietro gli occhiali gli davano l’aria sorridente ed enigmatica di un asiatico, non fosse per la barba grigia e riccia, troppo folta per confonderlo con un bonzo>>. Nel convento svolgeva l’umile funzione di albergatore, ma in realtà si trattava di un vero e proprio sapiente, al tempo stesso uomo di fede ammirevole ed un esempio di vita coerente, categoria di persone di cui ce ne sono sempre meno. Frère Élie raccontò la sua storia, fin da quando, giovane appassionato del pensiero orientale, si imbatté nei volumi che in quegli anni René Guénon veniva man mano pubblicando, e addirittura, complice la madre, fece avere al grande metafisico un suo primo scritto, che ricevette inaspettati elogi. Fra i due non ci fu mai un incontro, ma iniziò un lungo carteggio, purtroppo scomparso durante la seconda guerra mondiale. Nel frattempo Adolphe Levée, per motivi di lavoro, visse lungamente in Estremo Oriente, in particolare in Indocina, ed a poco a poco maturò una scelta di vita contemplativa, realizzata poi al suo ritorno in Francia, quando nel 1951, dopo la scomparsa della madre, decise di entrare nell’ordine trappista, scelta suggeritagli soprattutto dal suo vivo interesse verso il celebre monaco statunitense Thomas Merton, che alcuni anni prima era entrato nell'abbazia trappista di Nostra Signora di Gethsemani, nei pressi di Bardstown, nel Kentucky, Tuttavia, contrariamente a coloro la cui svolta o approfondimento cristiano ha allontanato dall’”orientamento tradizionale”, Frère Élie è divenuto uno dei più prestigiosi esponenti di coloro che Aldo La Fata nella postfazione al volume René Guénon nel pensiero cattolico (Simmetria Edizioni) ha chiamato “cattolici guénoniani”. Ne fanno fede le lettere riportate da Ganne nel volume, che abbracciano numerosi argomenti, a partire dalle “scene di vita monastica”, che per tanti versi ricordano il celebre saggio intitolato “Universalità e attualità del monachesimo” di Frithjof Schuon, il filosofo perennialista cui si interessò, sia detto en passant, Thomas Merton stesso, attraverso la mediazione dell’amico Marco Pallis, con cui ebbe un carteggio.
Ma, oltre alle lettere, per entrare più compiutamente nell’opera di Adolphe Levée bisogna leggere due altre importanti pubblicazioni.
La prima è la vera è propria summa teoretica del Nostro. Si tratta della raccolta, uscita postuma sotto il nome di “Elie Lemoine”, di articoli e recensioni apparse nella rivista Études traditionnelles e nei Cahiers de l’Herne a partire dal 1985. Un dettaglio apparentemente secondario svela il profondo “cattolicesimo guénoniano” del testo; infatti, la tavola finale dei nomi propri si apre con la seguente affermazione: <<Il nome di Gesù (Gesù-Cristo, Cristo) non figura in questa lista in ragione della sua menzione estremamente frequente. Lo stesso per quanto riguarda Guénon (René)>>. Messa in chiaro l’ispirazione comune agli scritti (annunciata del resto già dal titolo e dalla sottostante citazione dal libro di Guénon sulle dottrine indù) può essere utile segnalare alcuni dei contenuti dei sedici capitoli che, messi insieme per temi, restituiscono una ampia visione della dottrina esposta.
Una attenzione particolare è innanzitutto riservata al rapporto fra la Chiesa Cattolica e l’”orientamento tradizionale” (esclusivamente guénoniano in questo caso, inutilmente il lettore cercherà riferimenti a Coomaraswamy, Schuon od altri). Per Lemoine, non solo non c’è incompatibilità, ma il pensiero del Maestro di Blois è la più sicura guida per riscoprire i contenuti profondi, propriamente “esoterici”, della tradizione cattolica: <<Il tempo è venuto, crediamo, in cui i più “intelligenti” dei teologi devono aprirsi, per fare beneficiare la Chiesa, alle prospettive che sono loro aperte dall’opera metafisica di René Guénon che, fin qui, hanno troppo spesso guardato con occhio scettico e sospettoso>>.
Non solo, ma il monaco trappista compie un ulteriore passo, che dovrebbe far riflettere tanti “tradizionalisti”: al termine di una larga disamina dei documenti conciliari, dichiara che il Concilio Vaticano II, ben lungi dall’essere quello “spaventapasseri” che avrebbe distrutto la Tradizione (si pensi alla posizione radicale di Rama Coomaraswamy, figlio di Ananda), ha piuttosto costituito una “apertura” in rapporto all’”esoterismo”: <<Non, ancora una volta, che si possa scoprire nel suo insegnamento un riconoscimento qualsiasi di un esoterismo nel cristianesimo, cosa che era fuori discussione, ma nel senso che certe affermazioni poste dai Padri conciliari “chiamano” ad un più di verità, profondità ed universalità>>.
Tale “apertura”, secondo Lemoine, potrebbe concorrere a restituire un più alto posto al Cristianesimo come “via di Conoscenza”: <<Vorremmo mostrare che la tendenza che consiste nell’opporre arbitrariamente l’amore alla conoscenza non trova alcuna base nella Parola rivelata e non riposa in realtà che su un semplice pregiudizio. Diremo subito che la soluzione del problema dei rapporti fra conoscenza e verità da una parte, e amore o carità, dall’altra, risiede nel mistero dello Spirito Santo, il divino Paracleto, che è al tempo stesso inseparabilmente Spirito d’Amore e Spirito di Verità>>
Se questo è vero, il confronto con quelli che La Fata ha chiamato “oppositori radicali” di Guénon, fra i quali ricordiamo il cardinale Henri De Lubac e l’esoterologo Antoine Faivre, è aspro e serrato. Non possiamo entrare in questa sede nei dettagli della discussione, ma segnaliamo invece con rammarico un mancato aperto confronto con qualche “estimatore critico”, come ad esempio Jean Borella (è discusso solo il suo articolo sul “Simbolo secondo René Guénon”) che, nel suo famoso volume Esoterismo guénoniano e mistero cristiano (Arkeios Edizioni) ha salvato l’”esoterismo cristiano”, ma allontanandolo da Guénon!
Se poi, tra gli innumerevoli temi affrontati dal Nostro, dovessimo scegliere il più rappresentativo, il vero e proprio filo rosso che tutto sottende, non esiteremmo a nominare quello della dottrina metafisica della Non-Dualità. Tale tema, sviluppato negli ultimi decenni in modo particolare nelle opere del filosofo guénoniano francese Georges Vallin (1921-1983), autore da poco finalmente tradotto (Victrix Edizioni), ma non ancora adeguatamente studiato nel nostro Paese, (unica eccezione è l’eccellente monografia di Giuseppe Cognetti, intitolata Oltre il nichilismo, Angeli Editore), è fatto oggetto, oltre all’ampio rilievo in Theologia sine metaphysica nihil, del primo volume pubblicato, e mandato in libreria nel 1982 senza nemmeno uno pseudonimo, ma con la semplice dizione “un monaco d’Occidente”.
Il saggio, la cui prima idea risale al 1964, porta la prefazione del noto “cattolico guénoniano” e massone francese Jean Tourniac (pseudonimo di Jean Granger, 1912-1995), è una serrata confronto fra i due autori d’eccezione: il Doctor Angelicus Tommaso d’Aquino e Shankara, forse il più grande metafisico indiano. Naturalmente, per quanto riguarda la tradizione cristiana, oltre le numerose citazioni bibliche, sono ampi i riferimenti anche a San Bernardo, Nicola di Cusa ed Eckhart. Di rilievo anche i riferimenti a personaggi ed esperienze del Novecento: da un lato, alla luminosa figura di Râmana Maharshi (1879-1950), il saggio di Aruchanala, esponente advaita della “sapienza di villaggio” indiana, dall’altra, ai due prestigiosi monaci francesi Julus Monchanin (1895-1917) ed Henri Le Saux (1950-1973), pionieri del dialogo interreligioso, con i quali si inaugurò l’esperienza ecumenica dell’ashram di Shantivanam, poi proseguita da Bede Griffiths (1906-1993), e oggi da John Martin Kuvarapu, l’attuale direttore.
La conclusione della disamina è perentoria: <<Ci pare che dopo queste precisazioni e messe a punto, l’accusa di monismo panteista portata contro la dottrina indù della non-dualità debba cadere da sé, a meno di farsi di “Dio” una idea troppo limitata e semplicista. [..] In quanto a noi, teniamo a dichiarare espressamente che, dopo avere per più di quarant’anni considerato intellettualmente questa dottrina ed esserci lasciati impregnare da essa sempre più profondamente, non abbiamo trovato in essa niente che ci paia incompatibile con la nostra fede piena e intera nella Rivelazione cristiana>>.
Terminiamo questa sommaria rassegna dei tre testi del monaco trappista Adolphe Levée con l’auspicio che l’opera del Nostro trovi presto nel nostro Paese adeguata ricezione in appassionati lettori, in qualificati studiosi e, da ultimo, ma non per importanza, in coraggiosi editori…
BIBLIOGRAFIA
- FRÈRE ÉLIE, Seul avec le monde entier. Lettres de la Grande Trappe présentées par Gilbert Ganne, L’Age d’Homme, Lausanne 2002, pp. 251, EUR 23,00, ISBN-13: 978-2825115480.
- ELIE LEMOINE, Theologia sine metaphysica nihil, Éditions Traditionnelles, Paris 1991, pp. 317, EUR 24,10, ISBN-13: 978-2713801365.
- Un moine d’Occident, Doctrine de la non-dualité (advaita-vâda) et Christianisme. Jalons pour un accord doctrinal entre l’Église et le Vedanta, Dervy-Livres, Paris 1982, pp. 161, EUR 10,98, ISBN-13: 978-2850761492.
Antonello Colimberti