FLAMEL E IL SUO DOPPIO (di P. Galiano)

(ps.) NICOLAS FLAMEL: IL LIBRO DELLE FIGURE GEROGLIFICHE.
Saggio introduttivo, traduzione e note di Massimo Marra. Ed. Mediterranee, Roma 2021; pp. 234, numerose illustrazioni in b/n.

La storia dell’Alchimia è costellata dalla presenza di personaggi dalle caratteristiche singolari: scrittori mai esistiti, il cui nome è stato inventato per nascondere la vera identità dell’autore, o autori noti e di chiara fama ai quali per secoli sono state attribuite opere rivelatesi in realtà di altri scrittori che si sono fatti scudo del loro nome (si pensi al «Geber» della Summa perfectionis scritta da un frate francescano, Paolo di Taranto), o ancora individui storicamente esistiti ma dei quali non è accertabile la loro attività come alchimisti, come è il caso di Frate Elia, il Ministro generale dell’Ordine dei Frati minori, del quale è tutt’oggi in discussione la partecipazione o meno all’Arte alchemica e l’attribuzione di trattati.
In quest’ultima categoria rientra Nicolas Flamel, una figura complessa di alchimista nella quale si deve discernere il personaggio storico da quello fittizio, una sorta di suo «doppio» dotato di vita autonoma, e l’Introduzione alla nuova edizione del Livre des figures hièroglyphques di Massimo Marra, nella quale sono ricostruite con grande competenza e abbondanza di citazioni le origini del «mito di Flamel» e i suoi sviluppi fino ai nostri giorni, consente di tracciare un quadro completo della sua vita e delle opere che vengono attribuite al suo «doppio».

1212 Trois traictez figura centraleA Nicolas Flamel, vissuto tra il 1330 e il 1418 come prova una cospicua documentazione, scrivano benestante e maestro di scrittura, forse anche amanuense[1] , quasi esattamente due secoli dopo la morte viene intitolata la prima delle diverse opere che in seguito compariranno con il suo nome, il Livre des figures hièroglyphques pubblicato a Parigi nel 1612 nei Trois tractez de la philosophie naturelle … traduit par p. Arnaud, sieure de la Chevalerie Poictenin … A Paris, Chez la vesue M. Guillemot & S. Thiboust. Il libro, nel quale al suo trattato ne sono aggiunti altri due, egualmente apocrifi, attribuiti ad Artefio e a Sinesio, non trova alcun riscontro in manoscritti precedenti l’opera stampata, anche se l’editore Arnaud de la Chevalerie (per altro ignoto) descrive nella sua introduzione l’esistenza di un manoscritto, ancora non ritrovato, che avrebbe contenuto il testo latino del Livre insieme a un’opera dell’Hortulanus sul giardino delle Esperidi[2] (come scrive Marra a p. 137).
Non solo l’assenza di codici con il trattato di Flamel ma anche prove filologiche, quale la citazione dell’alchimista Lambsprinck o Lambspring (p. 172), il cui De philosophico libello venne edito per la prima volta nella Triga chemica di Nicola Barnaud nel 1599, rendono improbabile che il Flamel scrivano sia da identificare con il Flamel alchimista.
Per una serie di motivi che si sono concatenati nel tempo il Flamel «doppio» è sopravvissuto al suo omologo di carne e ossa, ingigantendo secolo dopo secolo fino a diventare un personaggio simbolo della Francia e ad approdare ai nostri giorni nella saga libraria e filmistica di Harry Potter.
Non è possibile qui riassumere le ragioni per cui questo è accaduto ma il fatto che, per citare solo alcuni nomi, persone come l’abate Antoine Pernety ed Eliphas Levi siano cadute con grande convinzione nell’errore di identificare lo storico Flamel con il suo «doppio» dimostra, come scrive Marra, che «il Flamel mitico, con la sua compagna meravigliosa, incarna una presenza immaginale cui i figli dell’Arte non possono rinunciare … il complesso mitico di cui si nutre la tradizione è un elemento identitario più forte di qualunque prova contraria» (p. 79).
Il titolo del Livre con il suo riferimento ai «geroglifici» rientra in una tipologia di opere che hanno come scopo la presentazione e lo studio del significato non di simboli di scrittura ma di immagini cariche di significati, che hanno origine dai Hierogliphyca di Horapollo, tradotti dal greco da Piero Valeriano e pubblicati nel 1556 (p. 21), e ancor prima dagli Emblemi di Andrea Alciato del 1531 (tradotti in francese da Jean Le Fevre e pubblicati a Parigi nel 1536). L’uso di simboli per illustrare un testo di Alchimia nel testo di Flamel ha però origini più lontane, in quanto rientra nel novero di quei trattati alchemici che hanno origine circa nella metà del ‘300 quali le opere di Gratheus e di Costantino da Pisa, i primi scritti di Alchimia cristiana arricchiti con disegni non di vasi o forni, come fino allora si usava, ma di immagini umane, animali e vegetali, che avranno una maggiore e più ampia espressione nelle successive opere del francescano Ulmanno, il Libro della santissima Trinità (in lingua tedesca), e dello pseudo Tommaso d’Aquino, l’Aurora consurgens.

Per quanto attiene il testo pseudoflamelliano non è possibile esaminarlo compiutamente in una recensione, per cui mi limito ad alcune annotazioni.
In primo luogo all’importanza del testo, che costituisce un caposaldo nello sviluppo dell’Alchimia cristiana, si contrappone la fastidiosa verbosità dell’autore, che, se non ci fossero altre prove, di per sé testimonia l’origine dello scritto non certo nel XIV ma nel XVII secolo, e l’eccesso, a volte stucchevole per il lettore, di riferimenti teologici cristiani che, a mio avviso, in un testo di Alchimia non sono necessari. Chi conosce, ad esempio, il Dialogo di Morieno e del re Khalid nella sua parte centrale, a mio avviso quella più antica, sa bene come si possa trattare di Alchimia in termini chiari e comprensibili (intellettualmente parlando) senza eccessi verbali.
«Flamel», o chi per lui, si inserisce nella corrente della tradizione alchemica seguendone i principi, e d’altronde non potrebbe essere altrimenti, ma rivisti sotto un nuovo angolo visuale dovuto al periodo post-rinascimentale in cui il libro è stato scritto, come per l’uso di miti greci, riportati in auge fin dal secolo precedente e interpretati come simboli dei processi alchemici, precedendo così Les Fables égyptiennes et grecques dévoilées di Pernety comparse un secolo e mezzo più tardi nel 1758.
Il testo di «Flamel» molto deve ai trattati di coloro che lo hanno preceduto, autori greci, come il Trismegisto, Orfeo, lo pseudo Democrito, e arabi, Avicenna, Rasi, Morieno e Artefio, ma anche a testi come il Pretiosum donum Dei (che essendo una raccolta di citazioni a sua volta rimanda indietro nel tempo). Fin dall’introduzione esso non si discosta dai temi «classici» dell’Alchimia: il topos del «libro trovato» risale alle origini stesse dell’Alchimia, riferito a Bolo di Mende e al libro nascosto in una colonna scritto dal suo maestro Ostane, così come il «viaggio» alla ricerca della conoscenza è quasi altrettanto antico.
Così anche alcuni simboli hanno origine antica, come i «serpenti» generati dalla putrefazione che vengono trasformati col fuoco nella «polvere d’oro che era la pietra» (p. 142), che richiamano i «vermi» della Figura VI del Pretiosum donum Dei da cui si genera il «drago» che «passerà di colore in colore fino a giungere al bianco fisso». Anche la figura dei due draghi (p. 157) è una rivisitazione dei due uccelli con e senza ali di cui scrive Ibn Umayl (Senior Zadith) nel paragrafo De duobus avibus della Tabula chymica[3] , ma i draghi di «Flamel» hanno un significato ambiguo, perché li dice una volta simbolo dei «peccati che sono naturalmente concatenati» (p. 150), per poi chiamarli più avanti (p. 157) solfo quello senza ali e argento vivo quello alato, riprendendo così i due principii maschile e femminile descritti da Ibn Umayl.
Queste necessarie puntualizzazioni nulla tolgono all’opera di «Flamel»: non è certamente possibile nell’àmbito di una recensione presentare o solo riassumere una scienza così complessa e stratificata su più livelli, cristiano, alchemico e cabalistico, qual è quella esposta nel Livre per cui mi limiterò solo ad accennare alla dottrina collegata ai colori con cui sono dipinti i simboli esposti sull’arco del Cimitero degli Innocenti. La gradazione dei colori, dal nero al bianco e al citrino, segue il percorso dell’Opera alchemica nelle sue fasi al Nero, al Bianco e al Rosso (in realtà non così semplicisticamente distinguibili in solo tre) a seconda dei «geroglifici» esaminati nel trattato e consente al tempo stesso di comprendere il significato di immagini presenti in altri trattati, primo fra tutti il Pretiosum donum Dei, del quale Canseliet[4] descrive con grande precisione quali siano le sfumature di colore delle singole figure al termine della sua trascrizione di un manoscritto (di cui per altro non dà la segnatura) con data, erronea, del 1415.
Se per colori come il nero della putrefazione e il citrino dell’oro prodotto alla fine del percorso la significazione è evidente, il senso di altri è meno intuitivo: in blu, oltre che nero e giallastro (cioè oro imperfetto), sono dipinti i due draghi (p. 159), quindi il blu sembra essere una gradazione del nero, anche se altrove «Flamel» accomuna il blu e l’azzurro come immagine delle cose celesti (p. 150); l’arancio indica disperazione (p. 150) ed è anche il colore dell’abito dei due oranti ai piedi di San Paolo e San Pietro (p. 172 e p. 186), di cui il maschio reca il cartiglio Toglimi il male che ho fatto, causa della sua nerezza, e la femmina Ti prego, sii pietoso; il verde, colore che nell’Opera corrisponde alla fase intermedia tra il nero e il bianco[5] , indica il germogliare e lo svilupparsi del prodotto creato dalla putrefazione e dalla successiva distillazione fino ad essere predisposto alla transmutazione al bianco, fase, come scrive «Flamel», più lunga di tutte le altre (p. 179).

Infine una notazione storica: la pubblicazione del Livre di «Flamel» avviene in un momento cruciale di fermenti che agitano l’Europa intera a causa dell’opposizione, a volte feroce, tra Riforma e Controriforma. In questo periodo lo scontro non è solo religioso ma si estende anche al piano esoterico e all’inizio del XVII secolo compare «ufficialmente» nel mondo luterano e calvinista la novità della Rosacroce, i cui «manifesti» sono pubblicati tra il 1614 e il 1616, quindi uno dei più importanti e conosciuti testi di Alchimia cristiana viene alla luce in concomitanza con la nascita dell’esoterismo protestante rosicruciano. Coincidenza?

Dicascalia immagine:
Arcata del Cimitero degli Innocenti a Parigi, particolare (da i Trois tractez de la philosophie naturelle traduit par p. Arnaud, Parigi 1612, p. 83)

 

[1] Come sembra di poter arguire dall’incipit del Catholicum di Jean duca di Berry, figlio del re di Francia, testo di cui Flamel sarebbe stato amanuense e forse decoratore, contenuto nel ms 335 della Biblioteca di Bourges del secolo XV.

[2] Che io sappia, il solo manoscritto in cui i due nomi compaiono insieme nei cataloghi è il ms. 181/214 della Biblioteca del Gonville and Caius College di Cambridge contenente un Commentariolus in Tabulam smaragdinam di Hortulanus e il Rosarium di John Dastyn con incipit Desiderabile desiderium, corrispondente alla Vraie pratique de la noble science d’alchimie attribuita a Flamel, un testo ben diverso dal Livre des figures hièroglyphques e privo di immagini.

[3] Cambridge, ms O.2.18 c. 43v (sec. XIV); l’immagine viene ripresa, ma con significato diverso, sostituendo gli uccelli con draghi sia da Flamel che nel successivo Uraltes Chymisches Werck di Abraham Eleazar (1735).

[4] Georges d’Aurach. Le très-précieux don de Dieu, transcrit, prèsentè et annotè par Eugène Canseliet,  in «La Tour Saint-Jacques», 1957, 8, pp. 85-90, e 9, pp. 62-68.

[5] Nella Figura III del Donum Dei del ms Guelf. 77.2 Aug. della Biblioteca di Wolfenbüttel le quattro fasi dell’Opera sono raffigurate con quattro volti colorati in senso antiorario in nero, verde, argento e oro. Nel testo che segue è riportata una citazione tratta dalla Octava dispositio dello Speculum alchimiae: «O natura benedetta e benedetta è la tua opera, perché dall’imperfetto fai il perfetto con la vera putrefactio che è nera ed oscura e dopo fai germinare cose nuove e diverse, con la tua viriditas fai apparire colori diversi».

Articoli simili

Image

Newsletter

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sui nostri eventi!

Iscrivendomi alla Newsletter Accetto i Termini di utilizzo e l'Informativa sulla privacy e dichiaro di aver letto l'informativa richiesta ai sensi dell'articolo 13 del GDPR.

Mappa