Paolo Galiano: Vulcano, il Fuoco generatore. Edizioni Simmetria, Roma 2024; pp. 176, 34 illustrazioni in b/n; € 24,00. La collana delle Edizioni Simmetria presenta l'ultima pubblicazione della serie "Biografie degli Dèi": uno studio complesso che approfondisce da diverse angolazioni le funzioni di Vulcano consente di far emergere la sua arcaicità, divinità insieme uranica e infera, fuoco distruttore ma anche generatore, espressione del potere igneo che agisce sulla potenzialità delle Acque. Tra le divinità arcaiche che nella Roma repubblicana sono state progressivamente declassate o addirittura dimenticate troviamo Vulcano, il cui declino nella religione e nei culti dell’Urbe venne ancor di più aggravato dall’erronea assimilazione con il greco Efesto: “Una delle principali stranezze di Vulcano è che questo dio, assai secondario nella Roma classica, che genera timore più che stima, sia una delle rare divinità che abbia conservato elementi di mitologia che, in apparenza, non devono alcunché alla sua assimilazione con il greco Hephaistos” (Gérard Capdeville, Volcanus. Recherches comparatistes sur le culte de Vulcain, École Française de Rome, Rome 1994, p. 5). Vulcano venne relegato a un posto di secondo piano nella funzione di semplice artigiano al servizio degli altri Dèi, e tutt’ora è praticamente ignorato, come si vede dalle poche righe che gli Autori, salvo rare eccezioni, dedicano a lui nei trattati di Storia delle Religioni. Vulcano è invece una divinità uranica da annoverare tra i più antichi Dèi di Roma, tanto antico che Servio (Ad Aen., III, 35), nel metterlo in rapporto con Marte e con Sole, lo definisce come Dio creatore, superiore allo stesso Marte padre dei Gemelli fondatori dell’Urbe: “Il padre Gradivo … viene chiamato comunemente Marte, e molti dicono che sia lo stesso che Sol e Vulcano, ma Vulcano è il principio di tutto mentre Marte è solo il generatore della stirpe romana”. Cicerone (De nat. deor., I, 55) conferma la funzione uranica di Vulcano quando descrive le quattro divinità che hanno nome Vulcano, secondo quanto la narrazione dei mitografi del suo tempo: “Di Vulcani ce ne sono parecchi. Il primo è figlio del Cielo. Il secondo, figlio del Nilo, assume in Egitto il nome di Opas [Ptah] e si vuole sia il protettore di quella regione; il terzo nacque da Giove e da Giunone e, secondo la tradizione, diresse la fucina di Lemnos; il quarto nacque da quel Memalio che resse le cosiddette isole Vulcanie presso la Sicilia”. E afferma più avanti (De nat. deor., I, 57) che Vulcano è padre di Apollo-Sole e quindi il creatore degli astri: “Il più antico fra gli Dèi di nome Apollo è quel figlio di Vulcano e protettore di Atene di cui s'è già detto”. Il complesso e profondo significato di Vulcano è andato perduto, e le sue caratteristiche possono soltanto essere desunte dai pochi elementi che ritroviamo a Roma, archeologici e letterari (i miti degli Dèi a Roma sono assenti prima del contatto con il mondo greco), comparandoli con quelli, più numerosi per l’affabulazione tipica di questo popolo, riguardanti Efesto, a lui simile per alcuni aspetti: con un attento esame è possibile riportare alla luce i contorni di una divinità complessa, uranica e infera, nella quale si fondono quelle che Dumézil definisce come le tre funzioni della religione indoeuropea, facendo di lui una “divinità totale”. Vulcano è Re, non solo in quanto è padre di Re, come Romolo, Cèculo e Servio Tullio, ma anche in quanto è presso il suo altare, identificato dal Coarelli nel luogo sottostante il Lapis Niger (Filippo Coarelli, Il Foro Romano, ed. Quasar, Roma 1983, vol. I, pp. 161–178), che si trova il più antico luogo di riunione del popolo e del Senato romano, e il successivo tempio a lui dedicato nel Campo Marzio è sede dei comitia del popolo romano; è Guerriero, perché presiede al Tubilustrium di Marzo e a lui, insieme a Marte e altre divinità come Lua Volcani, sono dedicate le armi tolte al nemico sconfitto; è Artigiano, in quanto Dio creatore (come l’egiziano Ptah di Menfi, che plasma il mondo sul tornio del vasaio), e il greco Efesto è padre delle fratrie iniziatiche del mondo mediterraneo connesse all’oscuro mondo della metallurgia, quali i Cabìri di Samotracia e gli Onnes. La reale figura di Vulcano emerge dall’esame di tre argomenti principali: lo studio della sua “famiglia”, Maia Volcani e gli eroi-fondatori che sono considerati suoi “figli” a Roma (Caco, Romolo) e a Preneste (Cèculo); la comparazione con i miti indoeuropei del “Fuoco nell’Acqua” (un tema complesso e affascinante, che si ritrova fino alle culture dell’Estremo Oriente), dal Dio vedico Apam Napat, divinità luminosa che vive nelle acque dove custodisce lo Xvarnah, e dall’irlandese “pozzo di Nechtan” (mito di cui viene sottolineato nel testo il rapporto con talune tecniche alchemiche) alla saga dell’Edda poetica di Völundr, il fabbro marito della valchiria Alvit “la Saggia”, e al matrimonio romano con il rito di consegna alla sposa del fuoco e dell’acqua da parte del marito; infine il possibile rapporto tra Vulcano e Vesta, fuoco ctonio e fuoco celeste, e la duplice funzione del “fuoco vulcanico” come fuoco generatore e distruttore sul piano materiale e soprattutto metafisico, come illustra il parallelo istituibile tra Vulcano e il vedico Agni. 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