SIR GAWAIN E IL CAVALIERE VERDE (di P. Galiano)

SIR GAWAIN E IL CAVALIERE VERDE

Analisi di un poema del ciclo arturiano del XIV secolo

 

Paolo Galiano

La spada, la rosa, il cavallo, l’onore,

mi sono compagni fedeli d’Amore.

(ballata italiana del XX secolo)

1338 CottonNeroAXc94v

 

“Sir Gawain e il Cavaliere Verde” è un poema cavalleresco del ciclo arturiano di autore ignoto, risalente al tardo XIV secolo , scritto con una forma antica di rima allitterativa in un dialetto del medio inglese. Il testo ci è arrivato in un solo manoscritto (ms Cotton A X, circa 1370). I numerosi simboli che si rilevano nel romanzo sono presentati in chiave cristiana ma affondano le loro radici nelle antiche culture celtiche e nordiche, il che rende la comprensione del testo complessa per via della multistratificazione di significati. (immagine: British Library, ms Cotton A X, c. 94v, particolare)

 

Parte I - Il Poema

Sir Gawain e il Cavaliere Verde[1] è un poema cavalleresco di autore ignoto, scritto con una forma antica di rima allitterativa in un dialetto del medio inglese parlato nel nord-ovest delle Midlands e risalente al tardo XIV secolo. Il poema è suddiviso in 101 stanze per un totale di 2530 versi e ci è arrivato in un solo manoscritto (ms Cotton A X, circa 1370). Dopo “Sir Gawain e il Cavaliere Verde” sono comparse altre opere ispirate dalla prima, come “The Greene Knight” (XV - XVII secolo), che ricalca quasi esattamente la stessa storia, e “The Turke and Gowin” (XV secolo).

Pur essendo considerato dai critici d’arte “il romanzo più interessante e più bello prodotto su suolo inglese e certamente uno dei migliori risultati dell’intera tradizione europea[2], esso ebbe scarsa diffusione, come ci dice l’unica copia manoscritta pervenutaci, e poche imitazioni e solo grazie a Tolkien e Gordon[3] nel 1925 è comparsa la prima edizione critica del testo originale.

I numerosi simboli che si rilevano nel romanzo sono presentati in chiave cristiana ma affondano le loro radici nelle antiche culture celtiche e nel folklore popolare, il che rende la comprensione del testo complessa per via della multistratificazione di significati. Un riassunto del poema consentirà di comprendere meglio quanto cercherò di dire sul simbolismo alla base di tutta la narrazione.

Riassunto del poema

Il giorno di Capodanno a Camelot arriva un gigantesco cavaliere, completamente colorato di verde nella pelle, nei capelli e nei vestiti, con una gigantesca ascia in una mano e un ramo di agrifoglio nell’altra (Stanza 10). Il Cavaliere Verde dichiara “Non cerco un duello … io chiedo solo un semplice passatempo, un gioco di Natale, perché sono giorni di festa, è Capodanno” (Stanza 13) e propone il suo gioco: permetterà a chiunque di infliggergli un colpo d’ascia senza che si difenda se egli stesso potrà restituire il colpo esattamente dopo un anno e un giorno[4]. Artù accetta la sfida, ma suo nipote Gawain, il più nobile e valoroso tra i cavalieri della Tavola Rotonda, chiede di prendere il suo posto perché la vita del re è più importante della sua: “Io vi scongiuro con chiara preghiera che questa contesa ricada su di me e minimo sarebbe il danno se alla fine perdessi la vita … Fra tutti sono il più debole, lo so bene, e il più fiacco di mente” (stanze 15-16).

Artù accetta e Gawain impugna l’ascia del Cavaliere Verde e con un colpo lo decapita, ma questi non muore, raccoglie la testa dal pavimento e ricorda a Gawain la promessa fatta: deve farsi trovare dopo un anno e un giorno alla Cappella Verde, un luogo a tutti sconosciuto, e detto questo si allontana. Artù commenta “Tali giochi d’ingegno a Natale ben si convengono … Ma ora posso dedicarmi al banchetto, perché ho assistito a un vero portento e questo non posso negarlo” (Stanza 21). La festa quindi prosegue come se nulla fosse successo.

Trascorso l’anno “con la luna di San Michele dell’inverno era giunta la sfida e sir Gawain si risovviene della sua cerca pericolosa” (Stanza 23). Il giorno dopo Ognissanti Gawain si riveste con l’armatura, “con la mano solleva l’elmo e in fretta lo bacia … con un velo sulla celata ornato con un ricamo di uccelli sugli orli” (Stanza 26) e prende lo scudo “che era di fulgido rosso con dipintovi sopra il pentangolo nel colore puro dell’oro … un sigillo che Salomone stabilì perché fosse simbolo della Lealtà … consiste in una figura conformata di cinque punte e ogni linea ad un’altra si sovrappone e poi si collega, e non termina in nessun luogo, sì che gli Inglesi lo chiamano il Nodo Infinito” (Stanza 27). Le cinque punte del pentagono sono il simbolo delle cinque virtù di Gawain, “privo di macchia, perché sempre (fu trovato) leale nei cinque modi e cinque volte per ogni modo”, “modi” che il poeta descrive partitamente (Stanze 27-28).

Così pronto Gawain intraprende da solo il viaggio cavalcando con il fido destriero Gringolet e “a ogni guado o acqua che incontra trova un nemico davanti a lui”, ma che siano draghi o bestie feroci, troll o orchi li sconfigge tutti (Stanza 32). L’ignoto autore descrive più volte nella narrazione del viaggio di Gawain i luoghi che attraversa: una natura selvaggia, selve fitte o terre brulle, pantani e paludi, una raffigurazione del mondo del Caos che si oppone al gioioso castello del re Artù, delle sue dame e dei cavalieri, adorni di colori, musica e risa.

Finalmente il giorno della Vigilia di Natale giunge a uno splendido castello, dove viene accolto calorosamente dal signore del maniero, il quale non rivela il suo nome (solo alla fine del poema dirà di chiamarsi sir Bertilak de Hautdesert[5]), il quale offre a Galvano l’ospitalità nel suo ricco castello e alla cena della Vigilia lo presenta ai commensali dicendo: “Quel cavaliere ci farà intendere quali siano le belle maniere, e penso che chi potrà udirlo apprenderà il discorso d’amore” (Stanza 38).

Durante il pranzo del giorno seguente, Natale, Gawain domanda al signore se sa dove sia la Cappella Verde che deve assolutamente trovare perché ormai gli rimangono solo pochi giorni per compiere la sua promessa, e il signore  gli spiega che la Cappella Verde è vicina al suo castello e quindi potrà rimanere suo ospite fino al giorno di Capodanno, e gli propone un gioco: siccome è appassionato cacciatore, ogni giorno darà a Gawain la preda che avrà ucciso e in cambio Gawain gli darà ciò che avrà ottenuto nella giornata trascorsa nel maniero: “Un patto stringiamo tra noi, qualsiasi preda io vinca nel bosco essa subito sarà vostra, e qualunque profitto voi abbiate qui in cambio a me lo darete ... Chi avrà il guadagno maggiore?” (Stanza 45).

Il giorno seguente, il nostro giorno di Santo Stefano, il signore parte alle prime luci dell’alba della sua caccia e lascia Gawain a dormire nella sua camera, ma la moglie del signore, una bellissima dama “ancor più bella della stessa Ginevra” (Stanza 39), che Gawain ha visto durante la messa della Vigilia accompagnata da una nobile signora molto più anziana di lei, si reca di nascosto da lui, chiude la porta con il chiavistello e lo provoca con le parole e con il suo comportamento: “Non v’alzerete dal letto … Benvenuto siate al mio corpo per saziarvi d’ogni delizia … Era ardita nel corteggiamento quella dama dal così bel volto, ma il cavaliere con pure parole ogni volta le rispondeva” (Stanze 49-50). Alla fine la dama, prendendolo in giro perché “uno sì nobile e di tanta fama  che in se stesso racchiude tutto l’arco di cortesia, non sarebbe rimasto così a lungo con una dama senza chiederle almeno un bacio”, gli dà un bacio: “chinandosi graziosamente lo bacia con dolce trasporto” (Stanza 52).

Al ritorno dalla caccia il signore, secondo il patto, dà a Gawain il cervo che ha ucciso e riceve in cambio da lui un bacio, ma non rivela chi a lui lo abbia dato: “Sarebbe un premio migliore se voleste narrarmi dove una tale ricchezza abbiate vinto”, gli domanda il signore, ma cortesemente Gawain risponde che “Questo, signore, non era nei patti” (Stanza 55).

Il secondo giorno la scena si ripete: mentre il signore è a caccia, la sua dama cerca di sedurre Galvano e lo provoca in modo sempre più esplicito perché “di tutte le imprese per cui è nota la cavalleria la più apprezzata è il leale gioco d’amore, vera dottrina dei prodi in armi … i veri amanti per l’essere amato mettono in gioco la loro vita … finché non recano gioia e piacere nella stanza segreta di lei” e per due volte lei è stata vicina a lui nel suo letto e “non ho sentito un solo verbo che riguardasse l’impresa d’amore … Lo metteva alla prova e ne saggiava la forza d’animo per convincerlo all’atto d’amore … ma il cavaliere si difendeva con garbo e cortesia per non macchiarsi di alcuna colpa” (stanze 60-61). Alla fine gli dà due baci e lo lascia.

Il signore torna dalla caccia e offre a Gawain la testa di un cinghiale che ha ucciso nella sua caccia e secondo i patti Gawain lo contraccambia con i due baci ricevuti dalla dama. Il signore beffardamente gli dice: “Diventerete ricco in un attimo se tali baratti continuerete” (Stanza 65).

Il terzo giorno, mentre il marito è assente, la dama si prepara per sconfiggere le difese di Gawain indossando uno splendido manto sopra una veste che “il collo mostrava tutto scoperto, il seno davanti era nudo e nuda era anche la schiena” (Stanza 69). Così vestita si reca da Gawain e lo sveglia: “Con dolci sorrisi scivolano nell’allegrezza … ma gran pericolo era tra loro”. Lo bacia focosamente tre volte e Gawain deve scegliere tra “guadagnarsi la fama di zotico o cadere in peccato ricambiando con fellonia il signore … perciò eluse tutti i discorsi troppo carichi di passione”. Alla fine la dama si arrende (Stanze 70-71) e gli chiede almeno di accettare da lei in dono un anello prezioso, ma Gawain lo rifiuta perché non ha con sé nulla con cui contraccambiare la cortese offerta. Allora la Dama gli consegna la sua cintura di colore verde e intessuta d’oro che “chi ne conosca la vera natura di certo l’apprezzerebbe … Chi la tenga ben stretta in vita non troverà alcuno in grado di fargli del male, nessuna mano potrebbe ucciderlo”, con l’avvertenza di non dire nulla al marito: pensando all’impresa mortale che lo attende, Gawain l’accetta (Stanza 74). 

Al suo ritorno il signore dà a Gawain “la lurida pelle di una volpe”, che è riuscito a uccidere non ostante tutta la furbizia dell’animale e la sua abilità nel nascondersi, e in cambio Gawain gli dà i tre baci ricevuti ma non dice nulla della cintura (Stanza 77).

Il giorno seguente è Capodanno: Gawain veste l’armatura e indossa la cintura verde, guidato da uno scudiero giunge finalmente alla Cappella Verde, “qualcosa di simile a un tumulo posto sul margine di una radura presso un torrente … Era soltanto un’antica caverna”, così inquietante che Gawain esclama: “Qui certo a mezzanotte il diavolo viene a recitare le sue litanie!” (Stanza 87). Dal tumulo, che si trova dall’altra parte del torrente, emerge il suo sfidante pronto con una lunga “ascia danese” a concludere il patto; il Cavaliere Verde lo raggiunge ma “giunto vicino all’acqua non volle immergersi per guadarla ma facendo forza sull’ascia saltò d’un balzo dall’altra parte” (Stanza 89).

Gawain si prepara a ricevere il colpo inginocchiandosi, ma la prima volta per paura ritira la testa tra le spalle e il Cavaliere Verde lo deride per la sua viltà, la seconda volta il Cavaliere Verde “ritrae la mano e ferma l’ascia prima che possa fare danno” e la terza volta lo colpisce sul collo in modo leggero causandogli solo una piccola ferita, “il colpo ferisce appena quel tanto da dividere un poco la pelle” (Stanze 91-92-93).

A questo punto il Cavaliere svela la sua identità e lo scopo del gioco: egli è il signore del castello, Bertilak de Hautdesert, e lui stesso ha mandato sua moglie per tentarlo e vedere se era davvero buon cavaliere (Stanza 95). Il gioco, aggiunge, è stato organizzato da Morgana, sorella e nemica di Artù, che “col nome di Morgana la Dea da tutti oggi viene chiamata”, e che altri non è che la dama anziana che accompagnava sua moglie nel castello: “Fu lei che m’ingiunse d’andare alla vostra nobile corte … per giudicare se fossero veri i racconti ovunque diffusi della gran rinomanza legata alla Tavola Rotonda. Ha operato su me questo incanto per privarvi del vostro senno e per tormentare Ginevra, sperando di farla morire per il terrore” (Stanza 99).

I primi due colpi d’ascia sono stati una finta, perché Gawain si è dimostrato onesto nel gioco, ma il terzo lo ha ferito lievemente perché si è comportato slealmente, in quanto non gli ha parlato della cintura verde che Bertilak aveva donato a sua moglie: “Mancaste un poco e venne meno la vostra lealtà, tuttavia non per malevolo intrigo né per illecita concupiscenza ma per aver cara la vostra vita”. Allora Gawain comprende la sua colpa ed esclama: “Sii maledetta tu, Codardia, e con te insieme l’Avidità! In voi si nascondono villania e il vizio uccisore d’ogni virtù!”. Vuole restituire la cintura a Sir Bertilak ma questi rifiuta: “Hai sopportato la penitenza giunta dal filo della mia ascia, ti ritengo assolto dal debito, purificato e reso innocente … Ti dono quel cinto, pegno perfetto dell’avventura che ha avuto luogo alla Verde Cappella fra due nobili cavalieri … Mia moglie ritornerà ad esservi amica dopo esser stata fiera avversaria” (Stanze 95-96 e 98).

I due si lasciano e Gawain fa ritorno a Camelot, indossando la cintura “come un budriere di traverso giù dalla spalla fino al fianco dove era annodata, sotto il braccio sinistro, con un nodo che rivelava come d’un fallo si fosse macchiato[6] (Stanza 100). Al suo arrivo confessa la sua colpa ad Artù spiegando perché porta così la cintura: “Un uomo può nascondere l’onta ma cancellarla mai … Il re lo conforta e così tutta la Corte e stabiliscono una legge per fare sì che i signori e le dame assisi alla Tavola portino tutti un budriere, una fascia verde brillante per amor suo” (Stanza 101).


 

Parte II - Commento

Il poema può essere letto in diverse chiavi: esso è imperniato su principi cristiani, la presenza di Maria e del Cristo nelle azioni di Gawain e il ciclo del Natale, ma sono presenti fin dalle prime righe elementi di esoterismo non-cristiano (l’opera descrive una via iniziatica, per altro non chiara), di magia (il Sigillo di Salomone che Gawain porta sullo scudo, il Cavaliere Verde che non può toccare l’acqua[7]) e simboli derivanti dalla cultura celtica e nordica più in generale (la decapitazione, la caccia e il significato degli animali uccisi).

Non essendo possibile una completa ed esauriente analisi di tutto il poema, mi limiterò ad accennare ad alcuni dei simbolismi principali attraverso i quali è possibile accostarsi al senso globale dell’opera; questi simboli cardine del Sir Gawain sono a mio parere: lo schema numerico, il “gioco della decapitazione”, lo scudo di Gawain, il “gioco dello scambio” e la caccia, la cintura, la Cappella Verde, la disperazione di Gawain, insieme vincitore e vinto nel duplice “gioco”.

Schema numerico binario e ternario

La ripetuta presenza dei numeri due e tre che si ritrova nel poema sottintende l’esistenza di una trama non semplicemente letteraria ma di significato anagogico, in cui i valori dello spirito si contrappongono a quelli di un mondo oscuro e diabolico; questo sistema ricorrente nella narrazione lascia comprendere come il suo autore dovesse essere persona colta e dotta in altre branche al di là della poetica:

  • la reggia di Camelot, cavalleresca e cortese, si contrappone il castello di Sir Bertilak o meglio di Morgana, posto a guardia dell’ingresso agli Inferi;
  • la coppia Artù-Ginevra, simboli di onore, di fedeltà e di cortesia cavalleresca, corrisponde la coppia costituita da Sir Bertilak, violento e ingannatore, e da Morgana, la perfida maga che ha snaturato gli insegnamenti di Merlino (la moglie di Bertilak, ammaliante seduttrice, è solo uno strumento nelle loro mani);
  • la sfida mortale della decapitazione ha il suo riscontro nella sfida apparentemente giocosa dello “scambio”, sottile inganno ordito da Morgana, in realtà altrettanto pericolosa;
  • l’ambivalenza del colore verde: il verde è colore di rinascita, della Primavera che verrà dopo il gelo dell’Inverno, il periodo nel quale si svolge la narrazione, ma è anche il colore del disfacimento e della putrefazione, colore diabolico nel Medioevo secondo Cardini[8].
  • la vestizione delle armi a Camelot è dominata dal pentagono dello scudo con i suoi simboli cortesi e religiosi della Cavalleria, nella seconda al castello di Sir Bertilak la cintura verde, un talismano magico, sostituisce il pentagono;
  • l’opposizione nell’animo di Gawain tra il dovere cavalleresco di essere fedele alla parola data nel patto dello “scambio” e la legge dell’amor cortese che gli vieta di parlare della cintura per non recare danno alla Dama;

Il numero tre è rappresentato:

  • dai tre colpi di ascia che Gawain riceve;
  • dalle tre prede che il signore del castello consegna a Gawain;
  • dai sei baci che questi riceve dalla Dama (1+2+3) e restituisce al marito;
  • dai nove giorni (3x3) intercorrenti tra l’arrivo di Gawain al castello di Sir Bertilak e la partenza per la Cappella Verde (dalla Vigilia di Natale a Capodanno).

Il primo “gioco”: la decapitazione

Questo “gioco della decapitazione” consente di affermare l’esistenza di un simbolismo pre-cristiano che fa da fondo al poema, un simbolismo da riportare al substrato celtico del mondo di Artù e del Graal e direttamente correlato al rituale iniziatico descritto nel poema.

La decapitazione del nemico è pratica diffusa in culture di tutto il mondo, dagli assiro-babilonesi in Oriente e dai celti in Occidente agli amerindi e ad alcune popolazioni africane. Per quanto concerne l’Europa il rituale è di origine preistorica, considerato il cranio neanderthaliano ritrovato nella grotta Guattari del Circeo, probabilmente oggetto di venerazione. Ancora ai giorni nostri la decapitazione del nemico è presente in àmbiti ben differenti, dagli scontri tra narcotrafficanti sudamericani alle stragi delle formazioni islamiste eterodosse, e il nostro modo di dire “perdere la testa” a causa di un’alterazione della psiche, ira o amore, è un residuo del simbolo di sconfitta che porta in sé l’atto della decapitazione.

La “testa” nelle civiltà nordiche è la sede della coscienza individuale ma anche della sapienza: Odino riceve dalla testa del gigante Mimir (che è suo zio da parte di madre) i suoi poteri bevendo alla fonte che Mimir custodisce, dando in cambio il suo occhio destro.

Il “gioco della decapitazione” è residuo dell’antico rituale celtico di tagliare la testa al nemico vinto non solo come trofeo ma anche per privarlo definitivamente della vita oltre il mondo terreno[9] ed è simbolo di vittoria, quindi Gawain tagliando la testa al Cavaliere Verde lo sconfigge, mentre egli non sarà decapitato dall’avversario, rusultano così il vincitore del “gioco”..

Lo scudo di Gawain: il pentagono

Nella prima vestizione delle armi nel castello di Camelot è descritto lo scudo con Gawain si protegge: lo scudo porta la sua insegna, sul fondo rosso campeggia un pentagono d’oro al cui centro è disegnata la Vergine. Nel cristianesimo medievale lo scudo è simbolo della fede[10] e nel caso di Gawain il pentagono è segno delle sue cinque “perfezioni” moltiplicate per cinque perché egli “fu trovato senza macchia”: i cinque sensi (forse a significare che egli era puro in tutto ciò che percepiva attraverso i suoi sensi), le cinque dita, simbolo delle cinque virtù che il cavaliere deve possedere, giustizia, prudenza, temperanza, fortezza e obbedienza[11], le cinque piaghe del Cristo, le cinque gioie di sua Madre e infine i cinque precetti della Cavalleria, generosità, benignità, purezza, cortesia, pietà.

Le cinque “perfezioni” corrispondono al piano materiale (i cinque sensi), morale (le cinque virtù), religioso (il Cristo crocefisso e la Vergine Maria) e infine guerriero: sono le quattro “obbedienze” che il Cavaliere deve rispettare, a differenza delle tre, povertà obbedienza e castità, simboleggiate dai tre nodi del cingolo francescano. 

Sono questi gli ideali di una perfezione che “sarà possibile raggiungere solo in un altro mondo mediante il cambiamento e le delusioni [per la propria insufficienza, aggiungo], questo è il mondo morale del poema[12], e infatti Gawain dimostra di non essere ancora perfetto nel mettere pienamente in pratica le virtù cavalleresche.

Il secondo “gioco”: la caccia e le prede

Il significato iniziatico ed esoterico della “caccia” è ben conosciuto: la caccia ad animali pericolosi, come il cinghiale, o significativi, come il cervo, era necessaria per il passaggio del giovane alla condizione di adulto, e questo risale ai tempi omerici[13], nel mito di Ulisse ferito dal cinghiale e curato dai suoi zii materni, per giungere fino al pieno Medioevo europeo.

Le tre prede del “gioco di scambio” hanno significati simbolici contrastanti a seconda che li si veda secondo la cultura cristiana (di cui sicuramente l’autore del poema è fedele seguace) e quella celtica (l’àmbito in cui l’autore era vissuto e che non poteva ignorare):

  • il cervo[14]: in molte tradizioni per le sue corna che cadono e ricrescono è simbolo di rinascita e fecondità, e i suoi palchi sono considerati analoghi dell’Albero della vita; è un annunciatore della luce perché si ritiene che vada alla ricerca della luce del sole, da qui la sua appartenenza al mondo simbolico del cristianesimo come figura o annunciatore del Cristo. Come il cinghiale, è oggetto della “caccia sacra”, che ha valore iniziatico specie quando si tratta del “cervo bianco”, segno di regalità ma anche di abbondanza e longevità, la cui cattura indica il raggiungimento (o la conferma) della condizione di Re. Nel mondo celtico ha funzione di psicopompo e di guida dell’eroe nell’impresa o nell’Aldilà (si ricordi la leggenda agiografica di S. Eustachio e altri santi consimili). Gli uomini possono trasformarsi in caso di necessità in cervi, e questo mito irlandese è ripreso in una versione della storia di S. Patrizio, in cui il santo si trasforma in cervo per sfuggire i sui inseguitori[15];
  • il cinghiale[16]: nel cristianesimo è considerato animale demonico, antitesi dell’agnello che è il Cristo, mentre nel mondo celtico la sua valenza è molteplice: è simbolo del druido ma anche del re, ha una valenza guerriera in quanto la sua immagine è portata sugli elmi, è uno psicopompo che guida le anime ma anche l’eroe nella sua ricerca, è simbolo di ospitalità e di abbondanza, di salute e ringiovanimento. Infine la sua carne è consumata ritualmente nella festa di Samain dedicata a Lug, nel rituale per ottenere la chiaroveggenza detto Imbas forosnai (“la grande conoscenza”), ma anche nei banchetti funerari;
  • la volpe[17]: presso i Celti, sia della Gallia che delle isole britanniche, non vi sono elementi sufficienti per ricostruire il simbolismo della volpe, tranne il fatto che il suo nome compare nella formazione del nome di alcuni re, il che farebbe supporre un suo significato regale; in alcuni racconti celtici è l’animale che guida nella ricerca di qualche oggetto particolare[18]. Nel cristianesimo il suo significato è negativo, è un animale astuto e ingannatore ma anche intelligente per poter mettere in atto i suoi imbrogli, sporco (e infatti Sir Bertilak parla di una “sudicia pelle di volpe”), simbolo dell’eresia e del diavolo[19]. La volpe intesa come simbolo di lussuria risale ai bestiari del Medioevo che hanno come fonte il Physiologus, trattato circa del II sec. d. C. e molto conosciuto nel Medioevo, in cui l’animale viene accostato a Erode, infiammato dal desiderio sessuale per Salomè: “Le carni [di cui si ciba] sono fornicazione, cupidità e voluttà, e per questo Erode è assimilato alla volpe[20].

I simbolismi delle tre prede variano quindi notevolmente tra l’interpretazione della cultura celtica e quella cristiana, rimane quindi difficile trovare il loro significato nel contesto del poema.

Per  Cardini[21] il poema va letto come un rituale iniziatico sul modello del mito del Rex nemorensis: Bertilak è il vecchio re, che s’identifica con il vecchio sole che muore nel Solstizio d’Inverno e lascia il posto a Gawain, il nuovo sole che sta sorgendo, e il suo invito finale a tornare al castello dove “mia moglie tornerà ad esservi amica” indicherebbe il passaggio del suo ruolo a Gawain sia come signore del castello che come sposo della seducente Dama; in quest’ottica la diminuzione del valore delle prede che ha scambiato con i baci ricevuti da Gawain da sua moglie, un cervo intero, poi la testa del cinghiale e infine una “lurida pelle di volpe”, sarebbero il segno del calare del sole, e la crescente voglia amorosa dimostrata dalla Dama verso il giovane cavaliere nel corso delle tre “visite” nella sua camera sarebbe il segno della perdita della capacità sessuale di Bertilak.

Mi sembra che quest’ultima spiegazione di Cardini non sia coerente con lo svolgimento dell’azione: se Bertilak è il “sole che muore” ed è signore di un mondo oltre l’umano con connotati infernali, per quale motivo Gawain è amareggiato e si sente disonorato per aver commesso un atto contro le regole della Cavalleria se ciò gli consente di tornare vivo dal mondo dell’Aldilà e divenire il “nuovo sole”?

Si uò pensare che il “cervo intero” possa indicare l’assunzione della regalità da parte di Gawain, la “testa del cinghiale” la sua partecipazione alla sapienza di cui la testa presso i Celti è simbolo, la “pelle di volpe” l’incompletezza del suo iter iniziatico, che si riduce a una vuota pelle, un’apparenza di compimento in realtà non realizzato per la sua mancanza nei confronti dei principi della Cavalleria.

La cintura

Dopo il terzo incontro con la Dama, Gawain accetta da lei una cintura perché, come gli dice, lo proteggerà da ogni male, menzogna perché è proprio la vista della cintura di sua moglie indossata da Gawain che induce Sir Bertilak a colpirlo, sia pure solo di striscio.

La cintura ha due significati principali: è una protezione e un segno della fedeltà di colui o colei che la porta, ma è anche un legame con il “gruppo” di cui la cintura è il segno, indicato dal nodo con cui essa è chiusa. Nel mondo romano la cintura che porta la sposa indica la sua appartenenza alla famiglia d’origine e solo quando il marito la scioglie essa entra a far parte della famiglia di lui; le Vestali legano la cintura con un nodo, chiamato “nodo di Ercole”, per indicare la loro appartenenza a Vesta. Nel Medioevo cristiano la cintura, a volte una semplice corda annodata, la portano i monaci e gli eremiti come simbolo di castità e di continenza e di appartenenza all’ordine eremitico o monastico. Segno di appartenenza all’Ordine è la “piccola cintura di cuoio da allacciare sopra la camicia[22] che indossano i Templari il giorno e la notte come prescrivono i Retrais, gli Statuti dell’Ordine: “Ora vi diremo come dovrete dormire: d’ora in avanti dormirete in brache, camicia e calze di stoffa e cinti della cintura piccola”, questa è la sola cintura che il Templare può portare in chiesa per assistere al Mattutino: “Ciascun fratello può assistere al Mattutino in camicia e brache, con il cappuccio e senza alcuna cintura tranne quella piccola”; quindi è la “piccola cintura” il segno di appartenenza all’Ordine, e non quella grande che si allacciava sopra la veste.

Nel caso di Gawain la cintura donatagli dalla Dama è fatta di seta ricamata d’oro e la Dama nel consegnargliela, dopo averlo assicurato che “chi la tenga stretta alla vita … nessuna mano potrebbe ucciderlo con qualsivoglia destrezza si adoperi”, lo prega per amor suo di non separarsene mai, ma tuttavia di nasconderla al marito per il suo onore” (Stanza 74).

Annodando la cintura intorno alla vita Gawain si lega alla Dama commettendo così le due colpe che lo perseguiteranno a indicare che la sua impresaè in parte fallita: il timore per il colpo d’ascia a cui si dovrà sottoporre per l’impegno preso nel primo “gioco” e la menzogna che dovrà dire a Sir Bertilak infrangendo le regole del “secondo gioco” lo fanno deviare dai precetti della Cavalleria, non sarà più “senza macchia e senza paura”. Per mostrare al mondo la sua colpevolezza Gawain nel tornare a Camelot annoda la cintura “con un nodo che rivelava come di un fallo si fosse macchiato” (Stanza 100): anche in questo caso troviamo il nodo come segno di “appartenenza” a una classe.

L’inversione del significato dell’Amore

Nel mondo infero del castello di Bertilak e di Morgana, che è l’opposto di Camelot, si attua un capovolgimento dei valori della Cavalleria. Una frase della Dama al suo secondo incontro con Gawain dimostra questa inversione del concetto di “amor cortese”: la “vera dottrina dei prodi in armi” è “recare gioia e piacere nella stanza segreta di lei” (Stanza 60), chiara allusione all’atto sessuale.

La dottrina dell’amor cortese non esclude l’atto sessuale (non sunt angeli…), però il suo vero significato è nell’Amore in sé, l’amore del Cavaliere per la Dama, la quale può essere una donzella o una donna sposata (e spesso lo è, si vedano le storie di Ginevra e Lancillotto o Isotta e Tristano) e che costituisce il punto di concentrazione dell’energia interiore del Cavaliere.

È la trasmutazione di un amore fisico in una forza di ordine superiore, che si può comprendere avendo presente che il Cavaliere è in primo luogo un guerriero e il suo valore risiede nella perfetta adesione ai principi della Cavalleria con tutto ciò che questi comportano, anche il sacrificio volontario della propria vita (come Gawain che si offre sapendo che a sua volta potrà morire per un colpo d’ascia). È necessario possedere una forza che non è più umana, mediante la trasformazione del fuoco umano della passione, si dice comunemente “bruciare d’amore”, nel Fuoco dell’Eros, realizzando una forma di potere guerriero di “grado” differente da quello del semplice soldato. Si può comprendere meglio quest’azione interiore del Cavaliere paragonandola con quanto si legge nei trattati alchemici, quando per la preparazione finale del Lapis philosophorum è prescritto di “cambiare il grado del fuoco”, fuoco che è fuoco materiale e fuoco interiore, passando da un fuoco leggero detto “di primo grado” al “fuoco di quarto grado … che è fuoco di fiamma viva[23]. Scrive Frate Elia nello Speculum alchimiae[24]: “Sappiate con assoluta certezza che tutto il regime risiede nel fuoco e nel vaso… tutta la perfezione consiste nel regime del fuoco, e lì si trova tutto l’arcano”.

Ciò che noi chiamiamo “furore guerriero” ha una duplice polarità: questo “fuoco” diretto verso il basso diviene brutalità, violenza e assassinio, diretto verso l’alto è pura azione al servizio di un Ordine oltre l’umano.

Il Berserker germanico in cui arde il furor di Odino (questo è il significato del nome Wotan) è la forma che assume nel mondo nordico questa trasformazione dell’Eros come partecipazione all’essenza del Divino.

La Cappella Verde simbolo dell’Aldilà

La Cappella Verde è descritta come “qualcosa di simile a un tumulo posto sul margine di una radura … elevato presso un torrente le cui acque a cascata scendevano precipitandosi e ribollendo … Un’apertura aveva davanti ed un’altra su entrambi i lati, era coperta di chiazze d’erba e tutta cava all’interno, era soltanto un’antica caverna o il crepaccio di una vecchia rupe”, così orribile a vedersi che Gawain esclama: “Qui certo il diavolo a mezzanotte viene a cantare le sue litanie!” (Stanza 87).

Questi sono i connotati di un ingresso agl’Inferi, non una costruzione umana ma una “antica caverna”, separata dal mondo umano non da un tranquillo corso d’acqua ma da un torrente impetuoso, tutta la scena è immagine del caos che si contrappone all’ordine di cui è figura su questa terra il mondo della corte di Artù. Le tre porte della Cappella Verde potrebbero figurare l’inversione diabolica delle tre porte delle cattedrali romaniche e gotiche, in quanto anche la cattedrale è una “caverna iniziatica”, illuminata dalla luce che penetra dal rosone[25].          

La caverna è un simbolo complesso avente più significati, ma qui prevale quello di “luogo delle iniziazioni”: si tratta di un’iniziazione invertita, non verso l’alto ma verso il basso, verso il mondo ctonio di cui è signora Morgana, colei che vuole sconvolgere l’ordine cercando di uccidere Ginevra la signora di Camelot, come rivela Bertilak; è Morgana che ha tramato con l’arte femminile della seduzione la caduta di Gawain, il migliore tra i cavalieri della Tavola Rotonda, per prendere possesso del suo corpo e della sua anima e strapparlo alla luce terrena di Camelot.  

La delusione di Gawain

Se tutto il poema, come una “fiaba di magia”, nasconde un rituale iniziatico (e a mio parere è così) allora l’errore commesso da Gawain, aver avuto paura e non aver mantenuto fede al “patto di scambio” (la scusante è che aveva acconsentito alla richiesta della Dama di non parlarne con il marito), è segno che la sua iniziazione non è stata portata a compimento nel modo corretto, perché Gawain è venuto meno a due dei principali precetti della Cavalleria, l’essere veritiero e l’ignorare il timore di morire.

L’ambiguità del comportamento di Gawain si rispecchia nel Sigillo di Salomone che è l’insegna dipinta sullo scudo. Come osserva Green[26], Salomone nell’età medievale è figura del Cristo, simbolo di sapienza e di regalità, capace di dominare i dèmoni, ma il Sigillo era anche considerato un simbolo idolatra ed esecrabile perché utilizzato nella magia, e Salomone stesso negli ultimi anni della sua vita diviene succube delle donne ed erige templi agli Dèi pagani. Lo stesso Gawain alla fine dell’impresa si lamenta di essere vittima degli inganni di una donna come lo furono Adamo, Salomone e Sansone (Stanza 97).

In definitiva, l’impresa di Gawain ha due risultati (e di nuovo ritorna il numero due in questo poema): raggiunge l’Altro mondo, combatte con le sue tentazioni e ritorna a Camelot solo con una ferita superficiale al collo, ma proprio questa ferita e i motivi per cui è stata inferta dicono che Gawain è sconfitto, perché l’impresa è macchiata dalla paura e dalla slealtà, quindi la sua vittoria e la sua iniziazione se sono complete sul piano terreno non lo sono su quello spirituale, a differenza del Galahad della Queste du Saint Graal, il quale ottenuto il Graal può “morire” per ascendere al Cielo. Come si legge nel testo durante la messa l’officiante chiama Galahad per mostrargli cosa c’è nel Graal, adoperato come calice per la consacrazione delle specie, e Galahad “appena vi ebbe gettato l’occhio cominciò a tremare, poiché la sua carne mortale scorgeva le cose spirituali”; allora il sacerdote lo comunica e gli rivela di essere Giuseppe figlio di Giuseppe Arimatea e di essere stato inviato a lui “perché tu mi somigli in due cose: tu hai visto come me le meraviglie del Santo Graal e come me sei rimasto vergine”. Allora Galahad saluta i cavalieri che lo hanno accompagnato nella queste, Parsifal e Bohoron, si inginocchia e muore e “gli angeli lo raccolsero manifestando la loro gioia[27].

La storia di Gawain è invece più simile alla cosiddetta “Seconda continuazione” del Le Roman de Perceval ou le comte du Graal di Chrétien de Troyes[28], in cui Percival riesce a riunire i tronconi della spada che fu spezzata appartenente al Re Pescatore, ma rimane nella lama una fessura, il che significa che Percival non era ancora  compiutamente perfetto.

I due testi graalici sono contemporanei, risalendo ambedue ai primi decenni del ‘200, e già in essi troviamo la doppia possibilità di compimento della queste, vittoria totale e “assunzione in cielo” o vittoria incompleta per insufficienza del cavaliere. Se la prima privilegia il carattere spirituale dell’impresa, la seconda mette in risalto la condizione umana del cavaliere, nel caso di Gawain la sua incapacità di risolvere la contrapposizione tra l’onore alla parola data nel patto di scambio con Bertilak e il rispetto ai doveri della cortesia che gli richiederebbero di accettare le offerte della moglie per non offenderla, fedeltà contro cortesia, tutte e due qualità richieste per la perfezione della vita cavalleresca.

Lasciamo al lettore di trovare il modo di sciogliere questo nodo.

 

 

Testi, articoli e siti consultati 

Boekhoorn Dimitri Nikolai. Mythical, legendary and supernatural bestiary in Celtic tradition: from oral to written literature, Università di Rennes 2, tesi di Dottorato 2008

Boitani Pietro (a cura di), Sir Gawain e il Cavaliere Verde, con un saggio di Ananda Coomaraswamy su Indra e Namuci, Adelphi Edizioni, Milano 1998

Chevalier Jean, Gheerbrant Alain, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano 1986 (edizione originale: Parigi 1969)

Demurger Alain, Vita e morte dei Templari, Garzanti, Milano 1987, p. 64 (edizione originale: Parigi 1985)

Fiori Roberto, Gli auspici e i confini, in “Fundamina”, Southern African Society of Legal Historians and Unisa Press, 20, 2014, pp. 301-311

Galiano Paolo, La Regola primitiva dell’Ordine del Tempio, Simmetria, Roma 20093

Galiano Paolo, Vulcano, il Fuoco generatore, Simmetria, Roma 2023

Galloni Paolo, Lo zio materno nell'Europa medievale tra caccia, parentela e fedeltà, relazione al Convegno “La caza en la Edad Media”, Tordesillas 8-9 Novembre 2001, in La caza en la Edad Media (a cura di Fradejas Rueda e José Manuel), Tordesillas 2002, pp. 79-90

mcGee Willliam, The beginning of mathematics, in “American Anthropologist”, 1, 4, 1899, pp. 646–674

Green Richard Hamilton, Gawain's Shield and the Quest for Perfection, in ELH, 29, 2 (1962), pp. 121-139

Grüning Hans-Georg, La volpe e il camaleonte: simboli dell’inganno e della dissimulazione, in Simboli e metafore di trasformazione nella dimensione pluriculturale delle lingue, delle letterature, delle arti, Atti del Simposio internazionale, Macerata 17-18 Novembre 2010 (a cura di Graciela Ricci), “Heteroglossia”, Quaderni dell’Università di Macerata pp. 97-126, pp. 101-102

Lanzi Claudio, Sedes Sapientiae, L’universo simbolico delle cattedrali, Simmetria, Roma 2009

Molle Jose Vincenzo (a cura di), I Templari, la Regola e gli Statuti dell’Ordine, Ecig, Genova 1994

Rosso Cattabiani Anna (a cura di), La Cerca del Santo Graal, Rusconi Editore, Milano 1974

Tolkien John Ronald, Gordon Eric Valentine, Sir Gawain and the Green Knight, Oxford Clarendon Press, Oxford 1925

Tolkien Christopher (a cura di), Sir Gawain e il Cavaliere Verde, con postfazione di Franco Cardini, Edizioni Mediterranee, Roma 2009

https://blogs.bl.uk/digitisedmanuscripts/2012/08/sir-gawain-and-the-green-knight-online.html, consultato 01/05/2024

 

Note

[1] Qui adoperiamo la versione italiana della traduzione di John Ronald Tolkien a cura di Christopher Tolkien, Edizioni Mediterranee, Roma 2009, con postfazione di Franco Cardini (testo originale: HarperColllins Publisher, 1975). Altra traduzione in italiano, basata anch’essa sull’edizione principe del poema pubblicata da Tolkien e Gordon e riveduta nel 1967, è Sir Gawain e il Cavaliere Verde a cura Pietro Boitani, con un saggio di Ananda Coomaraswamy su Indra e Namuci, Adelphi Edizioni, Milano 1998.

[2] Pietro Boitani in Sir Gawain e il Cavaliere Verde, p. 16.

[3] John Ronald Tolkien, Eric Valentine Gordon, Sir Gawain and the Green Knight, Oxford Clarendon Press, Oxford 1925.

[4] La dizione "un anno e un giorno" secondo McGee non sarebbe attestata in Occidente ma sarebbe una forma verbale per definire la durata di un anno nelle civiltà orientali: “Pochi dei numeri mistici più grandi sono sopravvissuti in Occidente, ma abbondano in Oriente … [tra di essi] il convenzionale overplus nel ‘un anno e un giorno’ legale” (Willliam McGee, The beginning of mathematics, in “American Anthropologist”, 1, 4, 1899, pp. 646–674, pp. 673-674).

[5] Nei commenti al poema riportati sul sito della British Library si identifica Hautdesert con la “foresta alta” di Wirral, terreno appartenente ai Cistercensi, i quali si riferivano alle aree incolte sotto la legge forestale come “deserto”. La foresta di Wirral venne disboscata nel 1376, quindi questo sarebbe il termine ante quem della composizione del Sir Gawain, se il personaggio di Sir Bertilak va accostato, come propone il commentatore, a Sir John Chandos di Radbourne, secondo alcuni fondatore dell'Ordine della Giarrettiera, custode della foresta e appassionato cacciatore, del quale si sa dai contemporanei che era un devoto della vergine Maria e portava la sua immagine sul suo scudo come Galvano  (https://blogs.bl.uk/digitisedmanuscripts/2012/08/sir-gawain-and-the-green-knight-online.html, consultato 01/05/2024).

[6] Nell’Ordine della Giarrettiera, fondato per la maggior parte degli storici da Edoardo III nel 1348, il Knight Companion porta in simile modo la fascia sopra l’abito, oltre la giarrettiera alla gamba sinistra.

[7] Il Cavaliere Verde “giunto vicino all’acqua non volle immergersi per guadarla ma facendo forza sull’ascia saltò d’un balzo dall’altra parte”: il rapporto di opposizione tra le streghe e l’acqua era adoperato dagli inquisitori per la cosiddetta “ordalia dell’acqua”, secondo la quale se la sospettata, legata mani e piedi e gettata nell’acqua, non andava a fondo ma galleggiava era giudicata strega perché l’acqua la “respingeva”. Nel rituale romano l’aspetto negativo dell’acqua si osserva nel fatto che essa annulla gli auspicia regolarmente ottenuti dall’Àugure, per cui l’attraversamento di un rivo da parte di chi reca un auspicium deve essere preceduto da un cerimoniale espiatorio perché l’auspicium non venga annullato dallo scorrere di un’acqua che, come un confine territoriale, rappresenta il limite tra il mondo caotico e il mondo ordinato e regolato dal fas (Roberto Fiori, Gli auspici e i confini, in “Fundamina”, Southern African Society of Legal Historians and Unisa Press, 20, 2014, pp. 301-311; Paolo Galiano, Vulcano, il Fuoco generatore, Simmetria, Roma 2023, p. 157).

[8] Sir Gawain e il Cavaliere Verde, p. 169.

[9] Vi sono elementi per ritenere che secondo i Celti fosse possibile la reincarnazione del defunto, quindi privarlo della testa, per essi sede del pensiero e della capacità vitale, voleva dire anche impedirgli di ritornare in vita.

[10] Roberti Holkoth in librum Sapientiae praelectiones CCXIII, lect. 36 (Basilea 1586), p. 127, citato in  Richard Hamilton Green, Gawain's Shield and the Quest for Perfection, in ELH, 29, 2 (1962), pp. 121-139, p. 126 e p. 127 nota 4. Nel cristianesimo il valore protettivo delle armi da difesa è esplicitato da Paolo nella Epistola agli Efesini, VI.

[11] Green, Gawain's Shield, p. 134, riporta le parole di Giovanni da San Gemignano: “Il pollice sta per la giustizia, l’indice significa la prudenza, il terzo dito temperanza, l’anulare fortezza e il mignolo obbedienza”.

[12] Green, Gawain's Shield, p. 122.

[13] Sull’argomento si veda Paolo Galloni, Lo zio materno nell'Europa medievale tra caccia, parentela e fedeltà, relazione al Convegno “La caza en la Edad Media”, Tordesillas 8-9 Novembre 2001, in La caza en la Edad Media (a cura di Fradejas Rueda e José Manuel), Tordesillas 2002, pp. 79-90.

[14] Dimitri Nikolai Boekhoorn. Mythical, legendary and supernatural bestiary in Celtic tradition: from oral to written literature, Università di Rennes 2, tesi di Dottorato 2008, pp. 279-286.

[15] Boekhoorn. Mythical, legendary and supernatural bestiary, p. 72.

[16] Boekhoorn. Mythical, legendary and supernatural bestiary, pp. 270-276.

[17] Boekhoorn. Mythical, legendary and supernatural bestiary, p. 340.

[18] Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano 1986, s. v. (edizione originale: Parigi 1969),

[19] Hans-Georg Grüning, La volpe e il camaleonte: simboli dell’inganno e della dissimulazione, in Simboli e metafore di trasformazione nella dimensione pluriculturale delle lingue, delle letterature, delle arti, Atti del Simposio internazionale, Macerata 17-18 Novembre 2010 (a cura di Graciela Ricci), “Heteroglossia”, Quaderni dell’Università di Macerata pp. 97-126, pp. 101-102.

[20] Physiologus s. v. De vulpi. L’opera, scritta ad Alessandria d’Egitto tra il II e il III sec. d. C., costituisce una raccolta di interpretazioni allegoriche cristiane degli animali e venne trascritta nel Medioevo in numerose edizioni, alcune delle quali accompagnate da eccellenti miniature.

[21] Sir Gawain e il Cavaliere Verde, p. 168.

[22] Regole n° 138, 281 e 680 degli Statuti o Retrais (I Templari, la Regola e gli Statuti dell’Ordine, a cura di Jose Vincenzo Molle, Ecig, Genova 1994). Gli Statuti o Retrais dell’Ordine Templare sono di epoca posteriore alla Regola approvata nel 1129, e la loro stesura venne iniziata secondo il Demurger (Alain Demurger, Vita e morte dei Templari, Garzanti, Milano 1987, p. 64 – edizione originale: Parigi 1985) al tempo del Maestro Bertrand de Blanquefort (1156-1169) con successive aggiunte, forse fino all’anno 1275 (Paolo Galiano, La Regola primitiva dell’Ordine del Tempio, Simmetria, Roma 20093, Introduzione).

[23] Sull’argomento dei quattro fuochi in Alchimia si veda la trascrizione commentata del ms Fondo Campori 676 della Biblioteca estense di Modena in Paolo Galiano, Il Magisterio della Pietra filosofica, Edizioni Simmetria, Roma 2018.

[24] Ms C.2.567 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze rispettivamente c. 7v e c. 4r. Si vedano la trascrizione e la traduzione del codice in Paolo Galiano, La sacra arte dell’Alchimia, Edizioni Simmetria, Roma 2018.

[25] Sul simbolismo delle cattedrali rimando a Claudio Lanzi, Sedes Sapientiae, L’universo simbolico delle cattedrali, Simmetria, Roma 2009, in particolare si veda il capitolo concernente il simbolismo delle strutture delle cattedrali alle pp. 152-169.

[26] Green, Gawain's Shield, pp. 130-132, il quale osserva che proprio per l’utilizzo del Sigillo di Salomone come valore positive anziché esecrabile l’autore del poema dimostra la sua originalità nei confronti del modo di pensare diffuso nel suo tempo.

[27] La Cerca del Santo Graal, a cura di Anna Rosso Cattabiani, Rusconi Editore, Milano 1974, p. 228. La Queste du Saint Graal è anteriore al Sir Gawain, essendo attribuibile al 1220 circa (Id., p. 5).

[28] La cosiddetta “Seconda continuazione” dovrebbe essere stata scritta nei primi decenni del 1200, considerando che l’opera di Chrétien de Troyes rimase incompiuta alla sua morte nel 1190 circa.

SIR GAWAIN E IL CAVALIERE VERDE

An.alisi di un poema del ciclo arturiano del XIV secolo

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